Eroico e Osanna membri ad honorem del partito di Draghi

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 14 febbraio 2017

Al direttore - Improvvisamente i radicali, che stanno vivendo forse il passaggio più drammatico della loro sopravvivenza, irrompono sulla scena mediatica del paese con furibonde liti da cortile che rischiano di portare all’esplosione della loro cosiddetta galassia radicale composta principalmente dagli ultimi seguaci del defunto leader Marco, tutti  riuniti nella Lista Pannella, e dai pochi iscritti all’altra componente dei Radicali Italiani.

Personalmente vivo questo melodramma all’taliana con sofferenza e tristezza e, da antico nostalgico del glorioso movimento per i diritti civili, cerco di rifugiarmi nelle opere e nelle storie dei giganti del pensiero liberale del Dopoguerra, peraltro tutti contigui agli stessi radicali, come Carandini, Pannunzio e Ernesto Rossi: altre vite, altre storie!

Vincenzo Covelli

 


 
Al direttore - Su Eroico e Osanna, lei è andato al cuore del problema. Da troppo tempo in Italia il lavoro e lavorare sono oggetto di una perversa discrasia. Da un lato si invoca il lavoro come se ci dovesse piovere dal cielo, dall’altro quando si dimostra che il lavoro si può creare applicando le giuste strategie e con l’aiuto di buone leggi, vedi riforme, i sindacati insorgono facendo leva sui bisogni immediati dei lavoratori, facendo leva quindi sulla debolezza culturale dei lavoratori, convincendoli perversamente che ciò che è un loro vantaggio sia invece un danno –  in ciò aiutati da una cultura dell’immobilismo e da gruppi potenti corporativi che vivono di rendita parassitaria e che porteranno l’Italia alla rovina. Bisogna reagire a questo stato di cose con coraggio, Renzi e con lui tutti i riformisti seri non dimentichino che in questo scopo sono aiutati da milioni di persone molto consapevoli e in grado di aiutare a cambiare le cose.

Sebastiano Dell’Albani

 


 
Al direttore - Ha già detto tutto e bene l’articolo su Eroico e Osanna. Adesso speditelo a Gentiloni, con l’invito a estendere la legge, non solo ai luoghi di cultura, ma a tutti i luoghi di lavoro, motivando la decisione che in tempo di crisi irreversibile si vuole mettere i “diritti di tutto il paese davanti a quelli dei sindacati”. Solo così si aprirà un lumicino di speranza di uscire dal tunnel. Sull’utilità del sindacato se ne discuterà più avanti.

Franco Bonavia

 


 

Al direttore - Crisi economica e grandi migrazioni hanno messo a nudo, nel caro Vecchio mondo industrializzato, una contraddizione da far tremare vene e polsi, la fine della meccanicistica coincidenza tra sviluppo dell’economia e ricchezza delle nazioni. Ormai avviene l'opposto. O qualcosa di strano. L’economia premia col lavoro chi non ha niente e penalizza chi ha poco ma pensava di vivere di rendita. Per tutto il secolo scorso, Stato e Capitale hanno viaggiato assieme, come certo ricorderà qualche scampato anarchico. Oggi non più. Il primo è rimasto al treno, l’altro si è globalizzato e si muove in aereo. Al di sopra di popoli, stati, religioni, nazioni. E muri. Vola “Air Bakunin”, ci sia riconsentito il paradosso. E comunque siamo abbastanza svegli, per rispondere all’appello del Nostro. Quel tanto che basta a non cedere all’inganno suprematista e contrastare chi scopre il fascino del nazionalismo quando ormai la nazione è un caro fantasma.

Daniele Bartalesi

 


 
Al direttore - Non possiamo negare che la narrazione di Renzi ha, principalmente, riguardato aspetti positivi del nostro paese. Questo lo ha reso bersaglio di non poche crtiche. I casi che lei porta ad esempio sono molto interessanti e, personalmente, non li conoscevo. Dimostrano una volta di più che, non sempre, gli avversari da affrontare sono i migranti, l’euro o la Merkel. Guai a Renzi se non leggerà il suo articolo e non seguirà il suo consiglio.

Lorenzo Lodigiani

 


 
Al direttore - Io mi iscriverei subito al PD, cioè al Partito di Draghi. Oggi non v’è nessuno, in questo paese, capace di fare tutte le cose necessarie a riportare in auge la nostra vecchia e sgangherata Italia. Tutte le cose, intendo, che Gianni Castellaneta, ha messo per iscritto la scorsa settimana sul Foglio. Serve un uomo talmente autorevole a livello interno e internazionale da non poter finire travolto e triturato dalle manovre (e, soprattutto, dalle manovrette) di bassa lega. Altrimenti il nostro già triste destino è segnato e non sarà certo una nuova ondata di giovanilismo a salvarci.

Giuseppa Covalovo

 

Un passaggio chiave del manifesto del PD (il Partito di Draghi) è in un discorso bellissimo fatto dal governatore della Bce il 23 gennaio in occasione del conferimento del premio Cavour 2016. Il problema dell’Italia non è l’Europa, ma la sua “difficoltà strutturale a convivere con una competizione politica fra schieramenti contrapposti nel quadro dell'alternanza al governo” e l’incapacità generale a comprendere che l’immobilismo del nostro paese deriva da un fatto: non comprendere, come sostenva Cavour, che “la concorrenza è lo stimolo essenziale per elevare l'efficienza produttiva e promuovere il progresso tecnologico”. Viva il Pd, il Partito di Draghi.

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