Dio, fede, denaro. Nel giorno dei martiri, al Papa manca una parola

Al direttore - Dice che ci odiano: ma che anche il Papa ha perso il referendum?

            Giuseppe De Filippi

 

Al direttore - L’editoriale, “La difficoltà di essere un elettore di destra” porta all’attenzione la particolare situazione di disagio che vive oggi un elettore di centrodestra, qual è chi vi scrive, rispetto non solo alla restaurazione in atto della Prima Repubblica e della “dottrina” del proporzionalismo, ma anche in rapporto al modo e ai contenuti con i quali i principali soggetti politici del moderatismo di destra stanno barcamenandosi sulla scena della politica italiana post referendaria. La restaurazione in corso, ahimè, è certamente lo sfondo di uno scenario italiano entro il quale, con lucido realismo, si devono valutare pensieri e azioni di tutte le forze politiche. In primo luogo, sul piano storico, nessuna restaurazione è mai l’identico che ritorna, ma presenta sempre delle dinamiche ben più complesse e contraddittorie di quanto si pensi, che vanno colte. Nell’editoriale citato, l’autore scrive che quasi nulla rimane all’elettore di destra del berlusconismo “classico”, del riformismo sul quale nacque e si affermò per un ventennio un movimento di rinnovamento dell’Italia. Concordo, purché non ci si dimentichi mai che il berlusconismo “classico” non fu un monolite, ma un fascio di forze e componenti politico-culturali di diversa provenienza che  non avrebbe potuto evitare un necessario processo di chiarificazione e di selezione/separazione al suo interno. Avendo di fronte a sé la scelta tra due possibili percorsi: il primo, virtuoso e in speculare competizione con quanto stava avvenendo a sinistra con il renzismo, puntando a trasformare il berlusconismo classico in un partito della nazione della destra italiana; il secondo, vizioso, lasciandosi attrarre dall’incantesimo dei pifferai dell’anti politica e del populismo. Si è finiti a percorrere il secondo itinerario, almeno per tutta la fase che va dalla rottura del Patto del Nazareno fino all’esito del referendum costituzionale. Ma si tratta di un sentiero che vede quel che resta del berlusconismo rinunciare ad aggredire le cause della crisi della Seconda Repubblica, limitandosi a cavalcarne le sole debolezze e manifestazioni degenerative per scopi di puro recupero del consenso perso. Recupero e consenso che non poteva né potrà esserci su tali presupposti.

            Alberto Bianchi

 

Al direttore - E’ Natale. Ma non si può dimenticare “perché è Natale” chi è perseguitato nel mondo e anche vicino a noi. Oggi pensiamo a Janet K., lesbica ugandese a cui le istituzioni dei Paesi Bassi hanno negato protezione e ora la deporteranno nella nazione che più di tutte odia le persone Lgbt. Nonostante l’ampia documentazione delle violenze e degli abusi terribili da lei subiti in Uganda a causa della sua omosessualità. EveryOne Group, Saint Paul’s Voice Centre e altre organizzazioni umanitarie si appellano ormai da oltre due anni alle Nazioni Unite, all’Unione europea e alle autorità olandesi per evitare questa atrocità. La risposta? Una “lettera di Natale” in cui a Janet viene intimato di tornare nel paese da cui è fuggita, verso nuove sofferenze e nuovi orrori. Buon Natale a chi non è indifferente.

            Roberto Malini

 

Ieri mattina Papa Francesco, celebrando Santo Stefano, primo martire di una lunga serie di martiri cristiani uccisi per la loro fede in duemila anni di storia della chiesa cattolica, ha ricordato che i martiri cristiani sono sempre di più – “il mondo odia i cristiani per la stessa ragione per cui ha odiato Gesù, perché Lui ha portato la luce di Dio e il mondo preferisce le tenebre per nascondere le sue opere malvagie” – e ha ammesso che “i martiri di oggi sono maggiori nel numero rispetto ai martiri dei primi secoli. Quando leggiamo la storia leggiamo tanta crudeltà verso i cristiani, la stessa c’è oggi, ma in numero maggiore, verso i cristiani”. Tutto giusto. Cosi come giusto è stato il riconoscimento di Papa Bergoglio (16 settembre) a Jacques Hamel il parroco della chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino a Rouen, preso in ostaggio con due suore e sgozzato da un jihadista lo scorso 26 luglio. Così come è giusto ricordare – dalla Siria all’Iraq passando per lo Yemen e la Nigeria di Boko Haram – i molti cristiani uccisi nel 2016 solo per la loro fede. Nel discorso di Papa Francesco sui martiri ci sono però alcuni punti che non tornano. Il Papa non ha ricordato che i martiri diventano martiri perché quasi sempre trucidati dal fondamentalismo jihadista: dall’Isis ad Al Qaida. E non lo ha fatto, neppure in forma indiretta, anche per non riconoscere una grande post verità: quella che prevede che il terrorismo islamista agisca per questioni di denaro e non per questioni religiose. I santo Stefano uccisi per la loro fede, a partire da padre Jacques Hamel, forse avrebbero qualcosa da ridire.

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