Cosa non dice il Papa quando parla di guerra e terrorismo

Redazione

    Al direttore - In queste ore, i pentastellati stanno bevendo alla salute del sistema proporzionale e delle preferenze. Parafrasando Giambattista Vico: i “sorsi e risorsi storici” della Prima Repubblica.
    Michele Magno

     

    Al direttore - Caro Cerasa, non riesco a farmene una ragione: come è possibile che molti giornali facciano finta di nulla di fronte a un Papa che dice esplicitamente che “il terrorismo è nulla di fronte alla guerra?”.
    Luca Marini

     

    In quella frase di Papa Francesco non c’è solo una grave minimizzazione di una guerra asimmetrica combattuta da quei terroristi (non solo da loro) che si fanno esplodere in giro per il mondo. C’è qualcosa di più. C’è la negazione del dramma vissuto ogni giorno da quei cristiani del medio oriente che da anni chiedono all’occidente di intervenire, non solo a parole, per fermare la pulizia etnico-religiosa di yazidi e cristiani. C’è la tentazione di considerare vittime quasi secondarie coloro che hanno perso la vita sotto i colpi del jihad. C’è l’affermazione di un principio che si trova alle origini della proliferazione della guerra che stiamo vivendo oggi: il ritiro dell’occidente. Forse non possiamo chiedere al Papa di promuovere una guerra giusta. Di sicuro possiamo augurarci che un giorno Francesco riconosca che i cristiani martirizzati in giro per il mondo dai terroristi per proprio per il loro essere cristiani sono vittime di una guerra vera, neppure lontanamente paragonabile alle guerre giuste combattuta dall’occidente contro i tagliagole islamisti.

     

    Al direttore - Allora: già da anni quotidianamente pregusto il momento del caffè dopo pranzo per sorbirlo leggendo il Foglio in tutta tranquillità; ora che avete aggiunto la pubblicazione a puntate di lavori di autori – uno dei quali non conoscevo e di cui mi sono precipitata a comperare altre opere – il piacere è ancora più intenso. Vi ringrazio. Iniziativa degna del vostro (nostro) stimolante giornale.
    Franca Pece

     

    Al direttore - Parisi è una persona perbene, e giustamente non vuol frequentare Meloni, Salvini e Toti, grosso modo i due terzi dell’elettorato di quella che sarebbe la sua area (quelli che Parisi non vorrebbe frequentare). E’ tanto perbene che occhieggia a Alfano, Castaldini e Verdini. E’ come l’antropologo (comunista) dell’innamorato fisso. Meglio, come la tribù del Borneo che sa contare fino a due: lui e Renzi. Oltre è complicato. Un populista direi, senza offesa s’intende, poiché dice di essere di centrodestra ma è fra color che son sospesi. Copia Alfano che dice di essere il nuovo centrodestra e sta con il Pd. Promette una cosa che non può mantenere: riunificare il centrodestra. E’ schierato per il no al referendum, come gli altri populisti, però vuol ricucire. Mah! La pagella per i contrari al referendum è presto fatta. Distinguo chi è sempre stato contrario (secondo me sbagliando) e chi gioca per bottega, anzi per postazione ambulante; più vicino al reale. Il perfido e cattivissimo Salvini ha la sufficienza, sempre contro. Meloni pure. Berlusconi e i suoi che l’hanno costruita insieme a Renzi (la riforma) e ora la bocciano 1. Parisi che è di centrodestra ma forse no, 2. Il punto in più rispetto a Berlusconi è un incoraggiamento per liberarsi del padre. Berlusconi-Urano che come noto uccide tutti i suoi figli. Dei pentas non m’interesso, affare che riguarda la sinistra. Infatti hanno tutte le idiosincrasie dell’area. Caino e Abele.
    Franco Bolsi

     

    Al direttore - Il M5S ormai si è iberizzato: Podemos. Non fare un cazzos.
    Giovanni De Merulis