Le dimissioni di un ministro per questioni di opportunità? E' il moralismo, bellezza

Redazione

    Al direttore - Padania contro Etruria. Così per modernizzare.
    Giuseppe De Filippi


    Al direttore - E’ morto Armando Cossutta. L’Onnipotente gli ha consentito di sopravvivere a lungo a quel mondo a cui era appartenuto.
    Giuliano Cazzola

     

    Al direttore - Secondo il sindacato della nostra autoreferenziale categoria il sondaggio leopoldino “Scegli il peggior titolo di giornale” è un bavaglio alla stampa “tipico dei regimi”. Attendo conseguente pronunciamento sui quattro mesi di carcere comminati da un tribunale, che a questo punto la Fnsi non potrà che definire corrivo con l’attuale maggioranza di governo, a un direttore per l’esercizio dei suoi poteri, come da articolo 7 del nostro contratto nazionale. Seguirà sdegnata denuncia del gravissimo attentato alla libertà di stampa con appello sottoscritto da tutti i direttori, inviati, editorialisti, collaboratori, articolo 1, articolo 2 e giù giù sino ad Articolo 21 per l’oltraggiosa sentenza che riporta un direttore in cella sessant’anni dopo l’incresciosa detenzione di Giovannino Guareschi (c’è abbastanza sdegno democratico nei miei aggettivi o devo aggiungere un sonoro “Se non ora quando?”).
    Ubaldo Casotto

     

    Se Minzolini organizzasse una sua Leopolda avrebbe già il suo sondaggio pronto: scegliete pure il peggior sindacato del giorno.

     

    Al direttore - Fino al 2009-2010 si potevano avere informazioni sui “suicidi e i tentativi di suicidio” ricorrendo ai risultati dell’omonima rilevazione, affidata alle forze dell’ordine. La rilevazione sottostimava il fenomeno, cosicché la rilevazione dalla quale si ricavano oggi le informazioni è unicamente, sempre dell’Istat, “decessi e cause di morte” – più accurata ed esaustiva, in quanto affidata ai medici che accertano il decesso. Nel passaggio si è persa però un’informazione salita agli onori della cronaca in questi giorni, quella relativa alla motivazione del suicidio. Informazione tutt’altro che facile da raccogliere, si deve dire, tant’è che per un terzo dei suicidi non si riusciva in alcun modo ad arrivarvi e che per gli altri due terzi si finiva per concentrarsi su di un’unica causa, quand’era piuttosto un complesso di cause e fattori che aveva portato al suicidio. Ma, fatte tutte queste premesse, c’è pur sempre un dato che qualche valore indicativo lo mantiene tuttora: quello che individuava nella motivazione economica (almeno prevalente) la radice più plausibile di un paio di centinaia di suicidi l’anno (poco meno del 10 per cento dei suicidi per i quali si riusciva a risalire alla motivazione). Motivazione che, per l’incertezza collegata alla difficoltà del suo accertamento, avrebbe potuto pesare perfino di più sul totale dei suicidi. Questo per dire che il caso montato sul pensionato di Civitavecchia –  suicidatosi (sembra) per i risparmi persi nelle obbligazioni subordinate di Banca Etruria –  da certi personaggi che, almeno nella fattispecie, ha ragioni da vendere Renzi, fanno schifo, non è che una miserabile provocazione di sapore e colore tutto politico e di zero sentimento umanitario. I suddetti personaggi si sono dimenticati di indignarsi per gli altri duecento e più suicidi per motivazioni almeno altrettanto economiche che da sempre si verificano in Italia (peraltro, agli ultimi posti tra i paesi secondo il tasso dei suicidi): una colossale dimenticanza, per un improvviso e unico ravvedimento. Una “voragine” che parla da sola.
    Roberto Volpi

     

    Al direttore - “Ho letto che oggi sono morto. Non dimenticate di cancellarmi dall’elenco dei vostri abbonati” (così Rudyard  Kipling scrisse al giornale che aveva pubblicato la notizia del suo decesso). Invece del giochino sui titoli dei quotidiani imbastito alla Leopolda, fossi stato in Renzi avrei usato lo stesso sfottò verso quella “libertà di montatura” oggi praticata con impudicizia da certa stampa italiana. Maria Elena Boschi non se ne adonti. Come diceva Ennio Flaiano, da quando la menzogna è diventata accessibile a tutti la verità non significa più nulla.
    Michele Magno

     

    Tutto vero. Ma come abbiamo scritto spesso su questo giornale il vero problema del caso Boschi è a monte e il problema è questo: se decidi che un ministro può cadere per questioni di “opportunità” (caso Cancellieri, caso Lupi) un giorno sarai tu a scegliere qual è il perimetro dell’opportunità e un giorno saranno i tuoi nemici a farlo. E’ il moralismo, bellezza.