Una scena di You, la serie tv di Netflix

Tra perfidia e idiozia

Mariarosa Mancuso

Libri, flirt, pedinamenti e cappellini vittoriani. Netflix minaccia già la seconda stagione di “You”

Libri? Addirittura una libreria, intesa come negozio con i clienti tra gli scaffali? Non sono luoghi frequentati dalle serie. E certo si notano di più dopo la sparata di Marie Kondo sui trenta e non più trenta. Sostiene la sacerdotessa dei calzini (“adagiateli mollemente nei cassetti, hanno faticato tanto, cosa sono quei grovigli per non farli scompagnare?”) che in una casa ordinata trenta libri bastano, di più è vizio. Ecco, appunto: sappia la maniaca dell’ordine mondiale che il vizio è premio a se stesso molto più della virtù (trenta libri bastavano per un mese di vacanza, prima del Kindle).

  

Non è solo la prima scena: la bella ragazza bionda entra in libreria, il commesso che ha qualcosa di Anthony Perkins in “Psycho” la adocchia e ne fa la sua ossessione. La pista dei libri, in “You” – con poco successo su Lifetime, poi rilanciata da Netflix che ora minaccia la seconda stagione – prosegue e si complica per tutti e dieci gli episodi. Senza lasciarsi tentare dal campionario di sciocchezze: “I libri rendono migliori, la lettura apre al dialogo, vicino alle biblioteche di quartiere la criminalità scende”.

  

La bionda Guinevere Beck (era tanto che i poemi cavallereschi non avevano il loro momento) curiosa tra gli scaffali, dalla lettera F alla K. Il commesso esclude William Faulkner (la ragazza non sembra voler fingere interesse per uno scrittore ostico) e pure Stephen King (la ragazza ha l’aria troppo sana e abbronzata). La bella chiede “Desperate Characters” di Paula Fox, scrittrice che ha avuto un suo momento di culto, non disgiunto dal fatto che risultò essere la nonna di Courtney Love.

   

Chiacchiere, flirt, pedinamento. “La fantascienza sbaglia, la tecnologia è amica”, dice il commesso che si chiama Joe. In un battibaleno sottrae lo smartphone, trova l’indirizzo di casa, scopre che le finestre sono senza tende, quindi può dedicarsi al voyeurismo. Troppo facile e troppo veloce, non sarà l’unico buco della trama. Beck è talmente tarda ad accorgersi dello stalker da far venire il sospetto che abbia capito, e prolunghi il gioco della seduzione. Joe da parte sua sembra stranamente distratto di fronte a un segnale: l’account Twitter di Beck ha un gioco di parole con il “Bechdel Test”, inventato dalla fumettista lesbica Alison Bechdel per giudicare il femminismo nei film. Servono due donne parlanti, e le due non devono parlare di maschi – “You” non lo supera, le amiche di Beck classificano per categoria i selfie osceni che ricevono.

    

Netflix ha dichiarato 80 milioni di spettatori per Sandra Bullock bendata in “Bird Box”, 20 milioni per la serie “Elite”, e 40 milioni per “You”, che appartiene al filone “Gone Girl” (“spettatore” significa che ha guardato almeno il 70 per cento di un episodio). Viene da un romanzo di Caroline Kepnes (Mondadori) e sta pericolosamente in bilico tra la perfidia e l’idiozia. Magnifico il ritrattino del rivale, un hipster di ottima famiglia che ha deciso di produrre soft-drinks biologici (“rappresenta tutto quel che ha portato gli Stati Uniti alla rovina”, dice Joe, cresciuto in famiglie affidatarie). Man mano che la trama avanza, sospendere l’incredulità diventa sempre più difficile.

   

Resistendo, facciamo in tempo a goderci un festival “Charles Dickens”, gente che si diverte indossando abiti e cappellini vittoriani. Guinevere Beck vuole scrivere (se no che ci farebbe in libreria?): al corso di scrittura, con esercizi svolti e corretti, gli showrunner Greg Berlanti e Sera Gamble – o forse solo lui, o forse solo lei – ritrovano il veleno.

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