Transparent, la serie tv di Amazon

Braccia rubate

Mariarosa Mancuso

Jill Soloway crede che le serie tv non siano abbastanza cultura, e allora passa all’editoria

“Il mondo è fatto per finire in un bel libro”. Questo sosteneva Stéphane Mallarmé, oscuro – nel senso che i suoi versi sono spesso indecifrabili, ma molto d’atmosfera – poeta ottocentesco. Comprensibile, condivisibile perfino prima dei social, giustissimo per uno che di letteratura viveva, e quand’era preso dalla malinconia lamentava “la carne è triste e ho letto tutti i libri”.

 

Fa più strano che le generazioni cresciute con le serie televisive pensino la stessa cosa: passano le giornate sulle piattaforme streaming, poi quando vogliono scrivere qualcosa pensano al romanzo. Fa ancora più strano che le star nate sui social siano d’accordo con Mallarmé: diventano celebri sul web ma restano convinti che la scrittura sia un gradino più su (e firmano copie del loro libro di carta, si spera ci risparmino almeno la copertina rigida). Ultimo punto di stranezza registrata: Jill Soloway – sceneggiatrice di “Six Feet Under”, showrunner di “Transparent”, regista e adattatrice di “I Love Dick”, la serie Amazon tratta dal romanzo con lo stesso titolo della femminista Chris Kraus – avrà una casa editrice tutta sua, nella grande famiglia Amazon.

  

Le daranno il prestigioso titolo di editor-at-large, riservato alle persone di particolare fama o particolare riguardo che lavorano nella carta stampata. Ha già pronto il programma editoriale, attento a tutte le minoranze: etnia, genere sessuale, genere sessuale non meglio definito, transgender, cisgender, il “queer” che va sempre bene per non lasciar fuori nessuna bizzarria. L’intenzione: raccontare le esperienze che hanno sfidato il privilegio (maschile, eterosessuale e tutti gli altri che vi vengono in mente, noi abbiamo esaurito la pazienza). Il tutto declinato su fiction e non fiction, di autori famosi e di autori sconosciuti.

  

Già si sbadiglia, all’idea che i libri con la sigla “Topple” – come la casa di produzione fondata da Jill Soloway – siano scelti in base al loro sbieco punto di vista sul mondo. D’altro non si parla, nel programma editoriale. Se non per aggiungere che le esperienze devono essere d’esempio e d’ispirazione. “Edificanti” si diceva una volta, quando ancora si leggeva il libro “Cuore” del languoroso Edmondo De Amicis.

  

Neanche Oprah Winfrey – considerata priva di intelligenza fino al discorso presidenziale tenuto agli Emmy, sbeffeggiata per il suo club del libro con bollino di qualità rifiutato dallo snobbissimo Jonathan Franzen – ha mai avuto un’idea tanto miserevole e modesta della letteratura. Consigliava per l’estate William Faulkner e ha fatto una bella (oltre che unica) intervista a Cormac McCarthy.

  

Non troveranno posto in catalogo le (eventuali) memorie di Jeffrey Tambor, cacciato da “Transparent” per molestie. Le indagini sono state condotte da Amazon che produce la serie, e annuncia una quinta stagione senza Maura, il padre in abiti femminili. Auguri a Jill Soloway: potrà scegliere tra un prequel, lo stesso personaggio che cambia faccia, un personaggio secondario da promuovere protagonista. Staremo a vedere come reagiranno alla rivoluzione i fan sfegatati.

  

Siccome le cose si facevano anche prima di teorizzarle, Chris Kraus aveva già pubblicato il suo – molto autobiografico – romanzo “I Love Dick” nel 1997 (in italiano da Neri Pozza). Straordinario esempio, spiega Jill Soloway, di “female gaze”. Ovvero: lo sguardo femminile sul mondo, contrapposto allo sguardo maschile. Traduzione: la protagonista si incapriccia di un bell’esemplare di maschio universitario, gli scrive lettere d’amore su lettere d’amore, le spaccia per romanzo d’avanguardia.

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