Donald Trump in una puntata di South Park

The Donald a South Park

Mariarosa Mancuso

Il cartoon vittima dei sondaggi. Vince Trump e l’episodio “The Very First Gentleman” salta

Dove eravamo rimasti? C’erano una candidata e un candidato l’un contro l’altro armati. La prima si chiamava Hillary Clinton, di Hillary Clinton aveva i connotati e i tailleur pantaloni. Il secondo si chiamava Mr. Garrison, preside della scuola dove vanno i ragazzini nella serie “South Park”. Familiarmente: “Merdaccia” lei e “stronzo” lui, nella protesta dell’elettore che sbraita (non da oggi, è un classico negli episodi elettorali, la serie va in onda da 20 anni). “Perché dobbiamo sempre scegliere tra due schifezze?”. Va notato che pure i ragazzacci Trey Parker e Matt Stone sbeffeggiano i politici con nome e cognome, ma lasciano in pace i miliardari. Mr. Garrison – “il rivale di Hillary”, per capirci – aveva promesso di “Fottere a morte gli immigrati”. Gli avevano fatto notare che erano oltre sei milioni. Momento di panico: in preda al terrore, il candidato si era messo a giocare per perdere. Altra impresa difficile: “Più stronzate faccio, più mi applaudono”.



[**ARTICOLI-CORRELATI**]In questo paradiso della satira, l’episodio pronto per mercoledì 9 novembre – subito dopo la proclamazione del nuovo presidente – aveva per titolo “The Very First Gentleman”. Anche i teppisti si erano fidati dei sondaggi, degli algoritmi, delle statistiche del baseball applicate alle intenzioni – meglio, alle dichiarazioni – di voto. Appresa la notizia che il presidente eletto era Donald Trump (nel cartoon rispettoso dei miliardari, “il rivale di Hillary”), Parker & Stone hanno rimesso mano all’episodio, ribattezzandolo in fretta e furia “Oh Jeez”. “Oggesù”, perfetto per restituire lo stupore e la costernazione. E le facce basite che un po’ mormorano “non era così che doveva andare” e un po’ inveiscono “stronzi, cosa avete fatto?” (per gli spettatori italiani era su Comedy Central venerdì scorso, alle undici di sera: il canale propone gli episodi della serie 48 ore dopo la messa in onda, sottotitolati perché non sfugga neppure un insulto).

Per misurare le distanze. Nel 2008, l’elezione di Barack Obama era stata celebrata con una parodia di “Ocean’s Eleven” e di “Entrapment”: il vincitore e lo sconfitto John McCain, amicissimi, approfittavano dei festeggiamenti elettorali per rubare gioielli. Nel 2012 c’era una faccenda di voti sottratti al conteggio (per farla breve: Obama si era fatto rieleggere vendendosi ai cinesi, non ditelo a Donald Trump che poi ci crede). Il cambio in corsa, dopo lo schiaffo del 2016, ha prodotto più che altro pasticci.
Bill Clinton fa il First Gentleman, anche se non ce ne sarebbe più motivo. Fonda un club di gentiluomini con Bill Cosby – il meno adatto dei candidati – e ricorda ai bambini che “l’inferno non conosce furia paragonabile a una donna offesa”. Non è tanto originale, e neppure memorabile, il resto del plot. Un programma chiamato Trolltrace, inventato per sbugiardare chi offende le donne, ha reso pubbliche tutte le mail di cittadini. Risultato: tutti gli sposati sono divorziati, e c’è un cordone sanitario attorno alla città (sono pubbliche anche le cronologie, e moltiplicano i danni).

Il sogno realizzato di chi gridava “intercettateci tutti”, dei grillini e di Snowden. Non è dato sapere se dopo il primo choc (lavorare in fretta e furia, sull’onda della delusione e dalla rabbia, non fa bene a nessuno) Parker & Stone torneranno in forma. Finora l’invenzione davvero azzeccata della stagione numero 20 sta nei “memberberries”, da “remember” e “berries”. I mirtilli viola della nostalgia che con le loro vocine rimpiangono gli anni di Ronald Reagan: non c’era l’Isis, i messicani erano pochi, i gay non si sposavano.

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