Ostriche e borotalco

Mariarosa Mancuso

“Another period” è una via di mezzo tra un reality con la tribù Kardashian e “Downtown Abbey”.

"La principessa delle ostriche” era un film muto di Ernst Lubitsch, anno 1919. Figlia di un miliardario americano che commercia in molluschi, la viziatissima Ossi scopre che la principessa del lucido da scarpe sta per sposare un principe. Pesta i piedini, e papà ne procura uno anche a lei (un’agenzia fornisce nobili europei a caccia di vitto e alloggio). Per dire lo sfarzo: quando fa il bagno, Ossi ha quattro servette che l’asciugano, altre quattro arrivano con il borotalco; dietro ogni ospite a cena c’è un cameriere, da cambiarsi a ogni portata.

 

Le principesse delle ostriche in tv si chiamano Lillian e Beatrice, abitano nella sitcom “Another Period” (su Comedy Central dal giugno 2015 per dieci puntate, negli Stati Uniti la seconda stagione è partita questo giugno). Sono scritte e recitate da Natascha Leggero e Riki Lindhome, nella finzione eredi della famiglia Bellacourt (e nella realtà strepitose attrici e battutiste). Vivono a Rhode Island, nel 1902, sono schifosamente ricche, pensano solo ai vestiti e alle feste, vogliono diventare famose (lo si poteva fare anche quando la televisione non c’era, e i selfie neppure). Per capirci: siamo tra un reality show con la tribù Kardashian (o altre celebrità) e la società di servi e di padroni illustrata in “Downton Abbey”, che inizia nel 1912 con l’affondamento del “Titanic”.

 



 

“Upstairs / Downstairs” è la formula britannica per questo genere di storie, da cui impariamo che la servitù era invisibile, e aveva un circuito di scale di servizio per non interferire con i passi del conte e della contessa. Impariamo che c’erano campanelli per ogni servitore, e una ferrea gerarchia di posti a tavola anche ai piani bassi, i problemi sorgevano quando gli ospiti invitati per il weekend portavano con sé il proprio valletto. (Se non guardate le serie, e incredibile a dirsi c’è ancora gente che non lo fa, potete imparare le stesse cose da “Istruzioni alla servitù” di Jonathan Swift oppure dal film di Robert Altman “Gosford Park”, sceneggiato da Julian Fellowes).

 

Nella prima stagione di “Another Period” la cameriera Céline era stata ribattezzata “Chair” dalle terribili sorelle (“è un nome troppo bello per una cameriera”). Nella prima puntata della seconda stagione non può neppure essere nominata, pare “tu-sai-chi” nella saga di Harry Potter. Ella si ritrova incinta e in coma, qualcosa è successo con il padrone, nonché padre delle sorelle. A cui si aggiunge la terza, Hortense, vergine e zitella: un concentrato di sgradevolezza e emancipazionismo, unito all’impegno fanatico nella lega per la temperanza che vedeva nell’alcool il demonio.

 

Il maggiordomo fa ridere solo a vederlo, riga in mezzo e capelli a tendina. Quando fa il casting alle cameriere è ancora più divertente, naturalmente tocca a lui rimediare ai guai combinati dalle due party animal. Anche quando le due ragazze si buttano dalle cascate del Niagara, consigliate da una certa Henrietta Tubman. Nera e con un gran senso del marketing, dopo aver liberato se stessa dalla schiavitù ne ha fatto un commercio: se non fosse vestita da “Capanna dello zio Tom”, la si potrebbe scambiare per Oprah Winfrey.

 

Tra gli ospiti illustri che frequentano la villa, Mark Twain, Trotzky, Gandhi, Sigmund Freud che ne approfitta per smorzare l’isteria generale. E Thomas Edison, inventore della lampadina e pioniere del cinema. Qui anche pornografo: perché a questo servono – da sempre, anche se gli inventori non se ne fanno vanto – i progressi della scienza e della tecnica fotografica.

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