Tornano sempre

Mariarosa Mancuso
In arrivo due Frankenstein ma di Les Revenants resta soltanto una versione, quella francese

    Due di tutto. Sono in arrivo al cinema due Frankenstein, con relative creature. Stavamo per scrivere mostruose, ma dopo aver visto “The Walking Dead” e certi zombie velocissimi (ormai neanche in questo restano fedeli alla tradizione) i bulloni nel collo e qualche cucitura o cicatrice non fanno più impressione. Dirigono le operazioni due registi britannici. Per il suo “Victor Frankenstein - La storia segreta del Dott. Frankenstein”, lo scozzese Paul McGuigan ha scelto James McAvoy nella parte dello scienziato e Daniel Radcliffe nella parte dell’aiutante Igor (suo il punto di vista). Il londinese Bernard Rose trasporta la storia ai giorni nostri: una coppia di scienziati (lei è Carrie-Ann Moss di “Matrix”, lui Danny Huston) fabbrica una creatura, poi cerca di disfarsene quando scopre che non è venuta bene. Fa niente se il poveretto si trova a doversela cavare nel mondo con un volto malconcio e il cervello di un bambino.

     

    Due di tutto. “The Office” era nato inglese, con Ricky Gervais, nel 2001. Ha avuto la sua versione americana, con Steve Carrell, nel 2005 (quando Oscar Wilde diceva che gli inglesi e gli americani erano “due popoli divisi da una lingua comune”, un po’ di ragione l’aveva). Interrogato sulle differenze, prima che la serie andasse in onda, Ricky Gervais disse che nella versione americana “sicuramente gli attori avrebbero avuto i denti più in ordine” (filologicamente, invece, il vecchio Frankenstein e ancora di più il vecchio Igor i denti li dovrebbero avere marci: è una delle grandi battaglie perse degli storici, che ormai hanno anche smesso di segnalarlo e guardano le imprecisioni nei costumi).

     

    La faccenda si complica quando i popoli divisi da una serie televisiva comune sono Francia e Stati Uniti. Ricordate le patatine, che da “french fries” divennero “freedom fries”, quando la Francia decise che non avrebbe invaso l’Iraq? (e pazienza se Roland Barthes sulla francesità delle frites aveva scritto un saggio). “Les revenants” era il titolo dell’originale, “The returned” il titolo del remake americano: gli spettatori non guardano i film stranieri, con i sottotitoli, figuriamoci se guardano una serie straniera, con le scritte da decifrare (e se state dicendo, sì, però, ’sti americani si potrebbero anche abituare, ricordate che l’Italia è il paese del doppiaggio, e ci sono cinefili maturi che seriamente sostengono: “I sottotitoli rovinano l’inquadratura”).  

     

    La seconda stagione di “Les Revenants” andrà in onda in Francia a partire da lunedì prossimo (dal 29 settembre in Italia su Sky Atlantic). La seconda stagione di “The returned” è stata cancellata dalla A&E che l’aveva prodotta, affidandone la regia a Carlton Cuse. Gli spettatori sono calati a picco dopo le prime puntate, quando la versione americana ha cominciato a staccarsi dall’originale, e ha cominciato – secondo un critico feroce – a ricordare “Bates Motel”, il prequel di “Psycho” con Norman Bates che fa il suo apprendistato da assassino di fanciulle. Chi proprio non può farne a meno, potrà vedere la seconda stagione della serie francese, trasmessa anche negli Usa.

     

    Spiega bene cosa è successo Stefania Carini, nel libro “I misteri di ‘Les Revenants’” (Sperling & Kupfer, prefazione di Aldo Grasso). Aiutino: lo chic dei non morti francesi, che tornano al villaggio come se niente fosse, ben diversi dagli zombie che cascano a pezzi e anche dai vampiri vecchio stile, è andato perduto nell’adattamento. “Lost in translation”: proprio come nel romanzo tratto dalla serie – uscito da Piemme – la prosa non restituisce i brividi procurati dalle immagini.