Morire e nascere

Umberto Silva

Un uomo che sapeva troppo, “Ombre rosse” e “Gigi” per guarirlo dal suo male di vivere

E’ un uomo di cinquant’anni, robusto e noto per le ricchezze acquisite dal padre. Stanco, nervoso e stanco, sta diritto sulla chaise longue.

 

“Triste è morire quando non si è nati, e te ne accorgi solo quando muori; troppo tardi ti chiedi ‘perché ora? Non potevo io nascere prima di morire, sicché il mondo mi sembrava bello, degno d’essere vissuto? Piansi per me quando vidi a sette anni uno che accoglieva la morte come una vita, lui non pianse, era forte, io piansi per non essere nato, sono così misero e miserabile che non conosco l’amore e solo ora mi sento degno di qualcosa, ma è troppo tardi, so che è un piccolissimo dono e sono capace di gettarlo via, di disdegnare il dono tanto sono incapace di amarlo. Ho sempre disprezzato i miei doni e quelli altrui; ora lei, Professore, mi dirà che quel che sto dicendo è un dono, ma io penso che sia una maledizione, anche questo mio sciagurato dire è comunque un dono che faccio e mi faccio, e io dirò con sempre più tenacia di mostro che no, non sono proprio niente, io non sono nato, lo sappia, io lo so, lo sento, anche se vorrei sentire anche meno, sentire nulla, morire dentro di me totalmente, come sempre ho fatto, anche se a volte mi è toccato di non uccidermi. Come ero contento questo sì, ma non di vivere, solo di morire, mi sentivo forte sa, nessuno poteva tenermi, uccidevo, questo sì, delle donne uccidevo l’amore e ridevo della loro vita che insistevano a portare avanti, sbeffeggiavo i doni che mi donavano, l’empietà che mi faceva ridere, e ancora adesso, sa, sono venuto qui per ridere di lei che pensa di resuscitarmi, io le faccio vedere come un morto muore per la millesima volta, e come lei non abbia alcun potere su di me: morto da sempre io sono immortale, deve capirlo Professore, lei si pensa vivo ed è più morto di me, tutti i vivi sono morti, lei più di tutti perché sta dormendo, lei dorme sempre quando parlo, lo so, e questo a dire il vero mi fa imbestialire, vorrei che lei non dormisse ma morisse, come me, con me, quel suo dormire lo trovo antipatico, vorrei farle del male. Mi dica qualcosa, anzi no, tutto quello che direbbe sarebbe terribilmente falso e noioso, trovo la noia più orribile della morte che è invece sana, perlomeno, e inesistente, spero, mentre le sue ferocie sono davvero vive e mortali al tempo stesso, un tempo sordido che sempre regna, basta che si guardi attorno, basta pochissimo per una morte, ma forse partecipo di questa banda di vivi, morti vivi, i peggiori, io sono morto morto, lo esigo, lo imploro, non sono come quelli. Datemi una tomba che non esista!”.

 

“Due modi, caro amico, due modi da Dio per campare. Il primo è John Ford, ‘Ombre rosse’, l’altro è Vincente Minnelli, Gigi. Li ha presenti? Sono del tutto vivi, eternamente vivi, splendidamente. Una notte l’uno e una notte l’altro la porteranno in vita, la più santa e la più deliziosa delle vite. Anch’io ero morto e grazie a loro nacqui”. “E come?”. “Ricorda il finale di Ombre rosse?”. “Qualcosa”. “Il ragazzo e la ragazza pensavano di non essere mai più degni di vita, pur dopo un eroico riscatto l’uno lo aspettava il carcere, l’altra il bordello. Sul cavallo si stavano dando addio, ma…” “Ma?”. “Lo sceriffo e il dottore gettarono pietruzze ai cavalli che felici trascinarono gli innamorati nella vita e nella gioia. Per tutti noi. Sono pochi minuti, ma quei minuti lei li guarderà ogni ora, una notte sì e una no, ovunque sia”. “Non sono un idiota, Professore, lo farò. E l’altro comandamento?”. “Vidi Ombre Rosse a nove anni, qualche anno dopo persi ogni fede, ci vollero anni e anni per riacchiapparla. Egualmente mi accadde con Gigi, una fanciulla incantevole e uno spasimate simpaticissimo, la musica il canto la danza… tutto fantastico. Per la prima volta amai una ragazza e le giurai eterno amore. La dimenticai, ma ora tutta la notte la bacio, Gigi”. “Professore, lei è un pazzo”. “Un pochino”. “Però la seguo”. Ottimo”. “Ma se finisco in manicomio?”. “Ottimo! Tutti i giorni e le notti a far l’amore con Gigi che balla e canta e ruba le carte e si veste e corre e ride e piange e tutto tutto quanto.”. “Oh santo cielo!”. “Forza bestione! Oh, Gigi, when did your sparkle turn to fire?”.

  

“Gigi”. “Macchè Gigi, Gigiii, ‘quando la tua scintilla è diventata fuoco’…”. “Ora basta, Professore, sia serio. Io sono un uomo che soffre, lei deve guarirmi”. “Certo. Ma non esageri, la guarigione è roba da fessi. Gigiii… and your warmth become desire?.. what miracle has made you the way you are?”.

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