Scuse non richieste

Umberto Silva
Le accusatrici di Bill Clinton e Donald Trump hanno sacrificato l’amore sull’altare della vanità

Sbagliano Bill Clinton e Donald Trump quando reagiscono alle accuse negando o pentendosi dei propri peccati. Nessun diniego o mea culpa va ostentato al fine di cancellare una volgarità, così la si accentua; se non trovi la parola che riesce a farti risorgere, piuttosto il silenzio, in cui giacere pensieroso. Guai fare il sodomizzato che confessa pubblicamente davanti a un mare di uomini assatanati di sapere se sei peggio di loro, e ridono, ridono che tu sei cascato nella trappola. Una trappolona, a doppio fondo, peraltro. Sultanico insultatore, bersagliato a sua volta d’insulti, se Trump vincerà le elezioni dovrà ringraziare quelle signorine tardive che l’hanno bollato. Santificate da un esercito di moralisti, in un primo momento esse hanno fatto una gran figura, ma giorno dopo giorno la perversione di Trump si è sdentata agli occhi del pubblico, gli scandalizzati scannerizzati si sono spaventati di averle esagerate, le vecchie signorine; e loro stesse forse si sono stufate: che gusto c’è, tanto quello è un bulldozer, sputargli addosso è portare acqua al suo mulino. Un gusto però c’è: l’immortalità. Per una toccata e fuga una certa Jessica Leeds vivrà in eterno. Accusando Trump di averle in un tempo remoto palpate, provocate e altro ancora, ora sembrano decise a diventare vittime e famose, emulando la Lewinsky di Bill Clinton, che con nostalgia proclama d’essere stata tanto innamorata. E non poteva bastarle? Non è da tutte scopare un presidente americano che si ama, magari anche un po’ riamate; che cosa voleva di più, e ancora vuole? Presto detto: che le amiche del cuore e tutte le ragazze degli States schiattino d’invidia. Ma certe cose è più bello dirle a se stesse, in un dolce silenzio, che quando Lui a una sfilata ti passa vicino gli lanci lo guardo innamorato di chi tutto sa e nulla dice, e sospirare. Ingorda Monica, sacrificasti l’amore sull’altare della vanità.

 

Il delitto più orrendo di Trump, quello per cui i suoi stessi mentori l’hanno abbandonato? Eccolo: secoli fa Donald confidava porcate a un tizio, parole che a sua insaputa quel tizio registrava per i posteri. Solo uno spacciatore, un mentitore o un imbecille può pensare che le parole dette in una qualche intimità equivalgano a quelle pubblicamente squadernate; pubblicamente si dice quel che pare utile dire, intimamente ci si abbandona al meglio ma anche al peggio di noi. Parlare in solitudine è un gioco e un teatro, un umiliarsi o un esaltarsi, fatti nostri. Le parole dell’intimità hanno tutt’altro suono da quelle dette in pubblico: “Sei la mia troia” detto alla ragazza desiderata o amata nel momento dell’abbandono suona assai differente da un lapidario: “Signori, ecco la mia troia” sbandierato a una festa. Detto ciò non escludo che i presidenti del mondo possano fare anche questo. La politica è lo zerbino del sesso. “Al campo di golf, Bill ha detto di peggio”, Donald scioccamente si difende.

 

Ci credo, anche Kafka pare scherzasse pesante nei giardini di Praga. E poi, siamo onesti: con tutti i pericoli che Donald Trump offre al mondo, si è chiesta e si chiede la sua testa per certe volgari chiacchierate e intemperanze sessiste, laddove non ha fatto che emulare il 99, 999999999999999999999999999999999999999999999999999999999999 per  cento della popolazione maschile, fatto salvo Gesù Cristo che non a caso è Gesù Cristo e forse anche Dio. Oddio, sto esagerando, facciamo metà e metà, ma solo per salvare la faccia, perché tutti conosciamo la bêtise des hommes: perfino i santi si sono lasciati andare a considerazioni assai poco educate nei confronti delle donne, che rabbiose arrostivano sul rogo. Gran buzzurro sessista e maniaco Trump, ma ho sentito e visto anche di peggio in certi salotti politici mondani, frequentati da cardinali che benedivano qua e là, e i potenti cafoni non venivano  messi alla porta, piuttosto glorificati, applauditi, una bella risata, con donne che accettavano il turpiloquio, altre che facevano le facce schifate ma non di più, e sì c’erano uomini perbene, ma pur sempre proni a quel che sapientemente i gesuiti condannano come “rispetto umano”, e così anche se infastiditi i gentiluomini presenti non si scomodavano nemmeno se un porcone appoggiava la mano sul seno di una fanciulla, e sospirando continuavano a imbottirsi di caviale, che bisogna avere un certo coraggio per interrompere uno stronzo e dirgliene quattro, rovinando la serata. Ma anche dandole un senso: niente di più piacevole del mettere a tacere un imperiale bellimbusto, magari spaccandogli la faccia.

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