La notte del politico

Umberto Silva
Ci sono uomini politici che al richiamo della mezzanotte si addormentano come sassi e all’alba si risvegliano pronti a colpire. E i sogni che indicano la strada, i sogni da interpretare? Se li tolgono dai piedi con una pedata, hanno ben altro cui pensare. Peccato.

Ci sono uomini politici che al richiamo della mezzanotte si addormentano come sassi e all’alba si risvegliano pronti a colpire. E i sogni che indicano la strada, i sogni da interpretare? Se li tolgono dai piedi con una pedata, hanno ben altro cui pensare. Peccato, nella loro corazza qualcosa di nuovo avrebbe fatto breccia. Ci sono, invece, politici che stentano ad addormentarsi, in preda a reiterati dubbi su quel che hanno fatto o desidererebbero fare, sopraffatti dal timore costante di avere sbagliato, dall’idea che il loro nemico stia tramando trappole più abili e robuste. E’ di costui, il politico torturato dalle proprie ansie, che ora intendo parlare, delle sue avventurose notti.

 

All’una e mezza della notte si addormenta, ma mezz’ora dopo si risveglia agitato e sulle pareti della stanza compaiono gli spettri che non è riuscito a cacciare con le pastiglie di Torpor. “Quante ne ho prese? Una. Ne prendo un’altra, sicuro così di dormire tranquillo”. Ok. Sennonché alle tre della notte è ancora sveglio: “Quante ne ho prese? Due; erano otto nel blister adesso sono sei”. Sospirando, l’uomo politico ne prende una terza, mal che vada resterà un po’ intontito. Spegne la luce, si sistema in una posa da sonno pesante; fiducioso attende, tre pillole di Torpor funzionano eccome. Funzionerebbero, ma dopo qualche minuto, sospinto da chissà quale dèmone, il politico sente il bisogno impellente di accendere il lume, di sporgersi sul tavolino e lì rovistare: gli è venuto in mente un qualcosa che però non ricorda bene, accidenti, anche perché la memoria, per via delle troppe veglie, è messa alla prova. Con slancio di pantera il politico acchiappa un quadernetto… solo per capire che non è il suo taccuino di appuntamenti quel che desidera incontrare, è altro quel che cerca, ma ancora non gli è chiaro cosa. Tocca qua e là, alfine mette la mano sull’oggetto del suo desiderio, che quella notte non è la sua amante ma qualcosa di ben più insidioso.

 

L’ha visto e finalmente acchiappato, e ride, un riso forzato. E’ il blister, quello delle pasticche di Torpor, chissà perché lo cercava, o meglio, il perché lo sa e sorride della propria smania di controllo che tante volte ha fatto ghignare i suoi colleghi. Scruta le pastiglie, cinque, okey, tre sono in pancia, okey, in totale erano otto, lo ricorda bene, non una di meno non una di più, tra breve faranno il loro effetto; tutto a posto. Per niente, un serpente lo morde: un secondo blister di Torpor, che manco ricordava d’avere comprato, lo sta fissando con occhi beffardi. L’uomo politico lo guarda sconvolto e non sa perché, o meglio qualcosa sospetta, ma è assurdo, che ci fa lì con la bocca spalancata, cosa vuole? Avvelenarlo? Quante sono le pastiglie dentro quel secondo blister? Freneticamente le conta: una, due, cinque… Tre pastiglie di Torpor mancano all’appello, dove sono?

 

L’uomo si deterge la fronte ma poi ragiona: le ha estratte dal blister e appoggiate da qualche parte, per poi passare all’altro blister, quello di cui veramente ha inghiottito le pasticche. Niente paura, gli tocca solo, per darsi una calmata, cercare dove ha messo le altre pastiglie di Torpor, più che sicuro che stanno in cucina. Il solito sbadato. In cucina però non ci sono, le avrà messe chissà dove, in bagno magari, e lì, bianche su bianco, è più difficile trovarle; l’uomo politico fruga come un dannato, le dita dentro il tubo di scarico, arriva persino ad annusare un po’ dei caduti capelli. Niente, non ha fatto il bagno stanotte e manco la doccia, che già il suo abisso sarebbe un’estrema speranza, e allora dove sono le pastiglie di Torpor se non tutte e otto nella sua pancia, pronta a esplodere come un’atomica di Kim Jong-un?

 

Questo pensiero, ma soprattutto quell’un, chissà perché rasserenano e nel contempo spronano il politico. Basta poco. A volte, basta un nonnulla. E’ l’alba, spalanca la finestra e respira a pieni polmoni; Roma è bellissima. L’uomo politico sta bene, l’idea di non avere chiuso occhio per tutta la notte lo eccita; si sente forte, alla Camera giocherà nuove carte. La sera racconterà al suo psicoanalista questa notturna avventura, avranno di che ridere, il transfert correrà a fiumi, sotto la chaise longue la nevrosi ossessiva si morderà le dita.

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