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Lode a Orsato, arbitro che sa ancora fare l'arbitro

Quarantino Fox

In un campionato dove ormai i fischietti non decidono più nulla senza l’ausilio esterno, un professionista che fa quello deve fare e non il prete confessore deve essere solo apprezzato

“T’amo, o pio Orsato; e mite un sentimento / Di vigore e di pace al cor m’infondi, / O che solenne come un monumento / Tu guardi i campi liberi e comandi”. Il pio bove carducciano diviene qui Orsato Daniele da Schio, arbitro internazionale considerato il numero 2 italiano dall’Uefa (davanti a lui c’è Rocchi). Merita lodi, fanfare e stelle filanti (anche se incredibilmente non usa il fischietto Fox 40), perché lui dirige comandando. Ero quasi commosso quando ieri, durante Inter-Torino, ha osato non concedere un calcio di rigore ai padroni di casa per un presunto tocco di mano di Burdisso nonostante le proteste dei settantamila interisti presenti a San Siro. Inflessibile, sicuro, deciso: niente rigore e – soprattutto – niente scenetta da film, con l’arbitro che si isola, mette la mano all’orecchio e confabula con i due colleghi davanti al monitor per rivedere l’azione incriminata. No, Orsato guarda con occhi umani l’accaduto e subito dice che non c’è niente, che le proteste sono inutili e che l’arbitro è lui. Lui e nessun altro, tanto meno un moviolone in hd che deforma il giuoco del calcio. La commozione è doppia perché Orsato il Var lo conosce meglio di tutti gli arbitri della Can A (il gruppone che fischia nella massima serie), avendo per primo sperimentato l’aggeggio in una competizione internazionale targata Fifa. In un campionato dove ormai gli arbitri non decidono più nulla senza l’ausilio esterno, dove i guardalinee non guardano più le linee per paura di sbagliare (clamoroso il fuorigioco non visto a Icardi sempre nella partita dell’ora di pranzo), un arbitro che fa l’arbitro e non il prete confessore deve essere solo apprezzato. Anche da quegli esagitati e sospettosi che dagli spalti urlano, insultano, bofonchiano e ruttano contro gli omini intabarrati in quelle divise dagli improbabili nonché sgargianti colori.

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