Firenze, Matteo Renzi incontra il primo ministro Shinzo Abe a palazzo vecchio (foto LaPresse)

Renzi abbraccia Abe a Firenze, ma Tokyo è ancora molto lontana

Giulia Pompili
Un’amicizia lunga centocinquant’anni. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accolto con un abbraccio il primo ministro del Giappone, Shinzo Abe, a Firenze. Una brevissima visita, quella di Abe, prima tappa del suo tour europeo di preparazione al G7 di Ise-Shima (26 e 27 maggio prossimi).

Un’amicizia lunga centocinquant’anni. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accolto ieri con un abbraccio il primo ministro del Giappone, Shinzo Abe, a Firenze. Una brevissima visita, quella di Abe, prima tappa del suo tour europeo di preparazione al G7 di Ise-Shima (26 e 27 maggio prossimi), e che lo porterà in Francia, in Belgio, in Germania, in Inghilterra e soprattutto in Russia – forse a Sochi, dove incontrerà il presidente Vladimir Putin, ancora escluso dal tavolo dei grandi del mondo. A Firenze, Renzi ha accompagnato Abe in una visita turistica di Palazzo Vecchio, insieme con le first ladies Agnese Renzi e Akie Abe. Soltanto la delegazione nipponica indossava la spilla con il logo ufficiale dei 150 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone, che si celebrano quest’anno e al quale sono legate una serie di iniziative culturali importanti nei due paesi. “Conto molto sulla leadership di Shinzo Abe per la buona riuscita del G7, in particolar modo sui temi della crescita economica”, ha detto Renzi durante la conferenza stampa congiunta di ieri. “Non è mai stato un momento così utile e opportuno alla presidenza giapponese, perché nello scenario internazionale, americano ed europeo, abbiamo una necessità straordinaria di cogliere l’occasione che verrà dal G7 giapponese. Naturalmente abbiamo discusso anche di questioni bilaterali, degli investimenti giapponesi in Italia a cominciare da quello di Hitachi, delle collaborazioni e cooperazioni aperte in Enel Green Power con Marubeni Corp., delle opportunità che si aprono con gli scambi economici ma anche, lasciatemelo dire, a Firenze, con gli scambi culturali”.

 

Investimenti, ma in Asia. E non c’è dubbio che gli scambi culturali stiano dando i loro frutti, ma per ora gli investimenti giapponesi in Italia sono influenzati – negativamente – dalla diatriba tra Hitachi e gli azionisti di minoranza di Ansando, sulla quale è intervenuta la Consob, di fatto frenando una delle principali operazioni di fusione/acquisizione di quest’anno in Italia. Un mese fa Enel Green Power e Marubeni, tra le più grandi società nipponiche che produce anche energia, hanno firmato un memorandum d’intesa per la costituzione di joint venture nel campo dell’energia in Asia. Il Giappone in realtà sta puntando molto sugli investimenti regionali. In questi giorni il ministro degli Esteri giapponese, Fumio Kishida, sta visitando la regione a sud del fiume Mekong. Da Bangkok, Kishida ha fatto sapere che nei prossimi tre anni metterà a disposizione 7 miliardi di dollari per sostenere la crescita di Vietnam, Thailandia, Laos. Sabato scorso ha incontrato a Pechino il suo omologo cinese Wang Yi, in una delle mosse di disgelo diplomatico più importanti degli ultimi quattro anni. Secondo i media asiatici, a giudicare dal cerimoniale messo in moto da Pechino per accogliere Kishida, il rapporto con il Giappone è importante tanto quanto quello con l’America. Eppure tra i due paesi restano profonde rivalità sulle aree di influenza strategica in Asia e sul ruolo assertivo della Cina nel Mar cinese orientale e nel Mar cinese meridionale.

 

Isole contese, con tutti. Il fatto è che il Giappone sta litigando anche con Taiwan, e al solito si litiga per isolotti contesi. Il 24 aprile scorso la guardia costiera nipponica ha fermato un peschereccio taiwanese al largo dell’atollo di Okinotorishima, un’area disabitata del Pacifico che si trova a metà strada tra l’isola di Guam e Taiwan. Per Tokyo, Okinotorishima non è un atollo ma un’isola: la definizione geografica cambia tutto, dal punto di vista del diritto internazionale, visto che per un’isola si esercita il diritto di zona economica esclusiva fino a 200 miglia nautiche. Il presidente taiwanese Ma Ying-jeou aveva apostrofato le Okinotorishima “un gruppo di scogli”, dando ordine allo staff di usare questa definizione ogni volta si parli dell’area e scatenando le ire di Kishida. Il Giappone tre mesi fa ha annunciato di voler investire quasi cento milioni di euro per ricostruire una struttura di osservazione disabitata sulla (ridottissima, meno di otto chilometri quadrati) superficie calpestabile di Okinotorishima.

 

Omicidi, rapimenti e Pyongyang. L’unico punto convergente tra Cina e Giappone sembra essere oggi il problema nordcoreano. Nessun delegato cinese è stato invitato al Congresso del Partito dei Lavoratori, che si aprirà venerdì prossimo a Pyongyang dopo trentasei anni, e secondo gli osservatori questo è il primo segnale di un allontanamento tra la Corea del nord e la Cina. Nel frattempo il giovane leader Kim Jong-un, la cui autorità dovrebbe uscire rafforzata dal Congresso, ha autorizzato almeno due test missilistici (andati male) e l’analisi delle immagini satellitari lascia presupporre un imminente test atomico, il secondo dell’anno, dopo quello del 5 gennaio scorso. Ma c’è di più. La Corea del nord sta cercando vendetta per la fuga, un mese fa, di 13 dipendenti nordcoreani di un ristorante in Cina, scomparsi improvvisamente e dopo poco riapparsi a Seul, dove hanno chiesto asilo. Per Pyongyang si tratta di un rapimento. Sabato è stato ucciso Han Choong-ryeol, pastore che guidava una chiesa a Changbai, zona cinese al confine con la Corea del nord. Aiutava i nordcoreani a fuggire in Cina attraversando il confine, e secondo quanto riportato dall’agenzia sudcoreana Yonhap, i principali sospettati per l’omicidio sono tre agenti della sicurezza nordcoreana. Ieri il ministero dell’Unificazione sudcoreano ha diramato un allarme per possibili attività “terroristiche, inclusi rapimenti di nostri cittadini, nel nostro paese o all’estero” da parte della Corea del nord.

 

Tehran-Seul, un’intesa? La Corea del sud ha paura che Pyongyang faccia salire l’asticella della tensione. E non è un caso se il presidente sudcoreano si trovasse ieri in visita di stato a Teheran – dove ha firmato accordi commerciali da 40 miliardi di euro. Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha detto di sperare nella pace nella penisola coreana: “Siamo in linea di principio contrari allo sviluppo degli armamenti nucleari, che dovrebbero essere rimossi dalla Corea e dal medio oriente”. Sin dal 1985 l’Iran ha avuto un rapporto particolare con la Corea del nord, anche dal punto di vista di scambio di tecnologie per lo sviluppo di sistemi missilistici.

 

Cronache dal Califfato asiatico. Ieri sono stati liberati i dieci pescatori indonesiani rapiti il mese scorso da Abu Sayyaf, gruppo legato all’Isis e attivo nel sud delle Filippine che la scorsa settimana aveva decapitato un ostaggio canadese. Dall’altra parte della regione, in Bangladesh – e più precisamente a Gopalpur – domenica è stato ammazzato un sarto indù, Nikhil Chandra Joarder, che era stato arrestato nel 2012 per alcune critiche sull’islam. L’Isis ha rivendicato l’assassinio, che secondo le autorità è legato alla serie di omicidi perpetrati da estremisti islamici in Bangladesh. La polizia ha fermato ieri tre uomini.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.