Un naufragio ferisce la Cina, un virus spaventa la Corea del sud

Giulia Pompili
Quattrocento dispersi sul fiume Yangtze, due morti per la sindrome Mers a Seul, terremoti giapponesi, ambizioni indiane.

La priorità è salvare le vite. Lo ha detto ieri il premier cinese Li Keqiang, mentre arrivava sul luogo dell’affondamento del Dongfangzhixing, sul fiume Yangtze. L’altra notte un traghetto con 458 persone a bordo, partito da Nanchino, è affondato forse per cause meteorologiche. I soccorritori sono riusciti a mettere in salvo soltanto poche decine di persone.

 

Il nuovo incubo coreano si chiama Middle east respiratory sindrome, Mers. A ieri i morti sono due, più 23 infettati. Le due prime vittime sono una donna di 58 anni e un uomo di 71, al quale è stato diagnosticato il virus il 20 maggio dopo un viaggio in Arabia Saudita. Centinaia di persone avrebbero annullato viaggi in Corea del sud dalla Cina. Hong Kong, Thailandia e Vietnam stanno rafforzando il controllo dei passeggeri in arrivo negli aeroporti.

 

Scuse e nervosismi. L’ultima sessione della Dieta giapponese, lunedì, si è aperta con un inusuale discorso del premier Shinzo Abe, che alla commissione per la Revisione legislativa sulla pace e la sicurezza ha detto: “Mi scuso ancora una volta per quello che ho detto, mi occuperò di questa discussione con umiltà da ora in poi”. E’ successo che la scorsa settimana la deputata del Partito democratico Kiyomi Tsujimoto, durante il question time, si è messa a fare un’arringa sui pericoli della modifica costituzionale della Difesa giapponese. A quel punto Abe si è alzato urlando: “Forza, faccia una domanda!”. Il nervosismo è nell’aria: la riforma della Costituzione e della Difesa giapponese sta monopolizzando il dibattito pubblico.

 

Fare la guerra con l’America. “Uno dei fattori che ha determinato la stabilità asiatica negli ultimi decenni è il sostegno, anche economico, del Giappone ai paesi limitrofi”, come Cina e Corea del sud, “ma anche l’alleanza con l’America”. Durante un simposio organizzato dall’Istituto di cultura giapponese e dall’Istituto di alti studi in geopolitica (Isag) l’ambasciatore del Giappone in Italia, Kazuyoshi Umemoto, ha spiegato il significato delle nuove linee guida di cooperazione per la difesa tra Washington e Tokyo, firmate il 27 aprile scorso. “L’assertività della Cina nel Pacifico ha fatto tornare centrale il tema della sicurezza”, ha detto Umemoto. Proprio per questo – alla luce della reinterpretazione dell’articolo 9 della Costituzione giapponese, quello che gli vieta di avere un esercito – il Giappone è ora autorizzato dagli alleati a usare in senso offensivo le Forze di autodifesa: “E’ un grande passo avanti”, ha detto Umemoto, “molte cose sono cambiate, ma quel che resta è il pacifismo giapponese”.

 

Geopolitica del kendo. L’ultimo, fortissimo terremoto (8.5 sulla scala Richter, epicentro al largo delle isole Ogasawara) è stato sabato scorso, e si è sentito fino a Tokyo. Erano le otto e mezzo di sera, e al Nippon Budokan della capitale giapponese si stavano svolgendo le premiazioni della seconda giornata dei Campionati del mondo di kendo. “La via della spada”, la disciplina che forgia l’animo umano attraverso l’arte dei samurai. Come ogni anno, dal 1970 in poi, sul podio più alto è salito il Giappone. Anche quest’anno la finale a squadre maschile – tiratissima, al limite della rissa – l’ha disputata contro la Corea del sud, che tra l’altro rivendica la paternità dello sport. Al Nippon Budokan, lo scorso weekend, quattordicimila persone provenienti da ogni angolo del mondo hanno assistito alle gare, poi la terra ha anche tremato ma nessuno si è scomposto. La Nazionale italiana maschile è stata subito buttata fuori dalla Corea, quella femminile è arrivata ai quarti: tra le prime otto squadre del mondo. Al terzo posto America e Ungheria.

 

Secondo un sondaggio della società giapponese Genron NPO, il 52,4 per cento dei giapponesi ha una cattiva opinione dei sudcoreani, il 72,5 per cento dei coreani ha una cattiva opinione dei giapponesi.

 

Questo nucleare non s’ha da fare. La Kyushu Electric power giapponese, che gestisce l’impianto di Sendai, aveva detto che tutto era in regola per riaccendere la prima centrale atomica a luglio. Sarebbe stata la prima a ripartire dopo l’incidente del 2011 a Fukushima. Ieri però è stato confermato l’ennesimo rinvio, questa volta per agosto. Il motivo avrebbe a che fare con un protocollo di sicurezza per le emergenze: secondo l’Aiea, non è sufficiente.

 

I giapponesi si aspettano il Big One, il terremoto distruttivo, da un momento all’altro. Secondo Toshiyasu Nagao, capo del Centro di ricerca per la previsione dei terremoti dell’Università di Tokai, l’area del Giappone è in una “fase attiva”, e poi “un terremoto abbastanza forte da influenzare la nostra società potrebbe avvenire in qualsiasi momento, in futuro”.

 

Bancarotta aerea. La Malaysia airlines è “tecnicamente fallita”. Lo ha detto il ceo Christoph Mueller, spiegando che entro il 2018 si prepara un piano lacrime e sangue con il taglio di seimila dei ventimila dipendenti e la vendita di alcuni aerei A380. La sopravvivenza è legata anche ai fondi messi a disposizione dal governo di Kuala Lumpur, ma è difficile che la compagnia low cost possa uscire dalla crisi del 2014, quando due incredibili incidenti coinvolsero due suoi aerei (uno scomparso, l’altro abbattuto).

 

Dice l’Economic Times che Air India, la compagnia di stato di Nuova Delhi, ha introdotto la pratica dello yoga durante la formazione di piloti e assistenti di volo. Lo yoga “infonde un senso di disciplina e aiuta a gestire lo stress del lavoro”, ha detto all’Economic Time un inspiegabilmente anonimo funzionario della compagnia.

 

Chi vuole essere amico di Israele? Il formidabile primo ministro indiano Narendra Modi, l’uomo diventato guru della comunicazione dei leader asiatici, con molti scheletri nell’armadio ma anche molti selfie nel cassetto – il più prezioso di tutti, quello con l’omologo cinese Li Keqiang – sarà il primo premier indiano ad andare in visita di stato in Israele. Un evento storico, e forse c’è anche un motivo. Da qualche tempo gli analisti si interrogano sull’interesse dimostrato da Pechino nei confronti di Gerusalemme, e sembra essere passato un secolo dall’abbraccio di Deng Xiaoping con Yasser Arafat. La realpolitik cinese non si fa influenzare dai boicottaggi, e l’India potrebbe cercare la competizione con la Cina anche sull’amicizia con Israele.

 

L’India mantiene in custodia un piccione sospettato di essere una spia pachistana. L’ha riferito al Times of India la polizia locale di Bamiyal. E’ a Manwal, un villaggio vicino al confine con il Pakistan nel Punjab, che il piccione bianco – con attaccato un messaggio in parte cifrato e in parte scritto in urdu – avrebbe attraversato il confine.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.