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Trivella la minoranza

Redazione
Il referendum del 17 aprile, alla fine, sarà su Renzi. Contromosse: la rete protettiva della riforma istituzionale. Profilo basso su Roma e Napoli, si punta su Milano e Torino.

Dalle parti del Nazareno raccontano che Matteo Renzi non volesse “mettere la faccia” (espressione a lui molto cara) sul cosiddetto referendum delle trivelle. E questo per due motivi. Innanzitutto perché non voleva creare uno scontro istituzionale tra presidente del Consiglio e presidenti delle giunte regionali che fanno capo al Pd. In secondo luogo il premier non avrebbe voluto mai politicizzare lo scontro referendario trasformandolo nell’ennesima battaglia tra maggioranza e minoranza del Partito democratico a pochi mesi dalle elezioni amministrative. Ma alla fine, come è noto, è stato costretto a mettercela, la faccia, con il rischio che il dibattito referendario si tramuti in una guerra pro o contro di lui e questo ottenga che vada a votare più gente di quanto ci si aspetti. Il che, naturalmente, non sarà un problema dal punto di vista pratico immediato perché non c’è un solo sondaggio (e se è per questo nemmeno un solo oppositore del presidente del Consiglio) che sostenga che il 17 aprile possa essere raggiunto il quorum referendario. Sarà invece un problema dal punto di vista del clima che si creerà: di nuovo di accesa battaglia di tutti gli oppositori (quelli interni e quelli esterni) contro il premier. Il che, in vista di elezioni amministrative molto delicate, potrebbe rivelarsi una pessima cosa per Matteo Renzi.

 

Già, le amministrative. E’ vero che a Palazzo Chigi come al Nazareno si stanno preparando a raccogliere non eccelsi risultati dalle urne. Ed è altrettanto vero che il presidente del Consiglio ritiene di avere la rete protettiva del referendum istituzionale che funzionerà come una sorta di rivincita rispetto alle gare per i sindaci (“lì ci divertiremo perché non ce ne sarà per nessuno”, è solito dire il premier a questo proposito). Ma un pessimo risultato elettorale non aiuterà nemmeno la campagna referendaria che intende fare il presidente del Consiglio. Senza contare che riaccenderà anche le speranze della minoranza interna che per ora appare alquanto ammaccata e che potrebbe usare questo pretesto per tentare di mettere in difficoltà il premier. E infatti, non a caso, gli oppositori interni di Matteo Renzi hanno deciso di dare battaglia proprio sul terreno delle amministrative. Nelle numerose riunioni riservate che hanno tenuto in questo periodo non è stata presa, ovviamente, nessuna decisione ufficiale ma nei pour parler è stato deciso un orientamento. La linea ufficiosa è quella di sostenere lealmente i candidati del Partito democratico a Milano e a Torino, e di astenersi invece dal fare campagna elettorale (tranne qualche apparizione dovuta) per Roberto Giachetti a Roma e per Valeria Valente a Napoli.

 

Tornando al referendum istituzionale sulla riforma Boschi, c’è da aggiungere che, nonostante le smentite, Renzi medita veramente, in caso di successo schiacciante, di anticipare i tempi del Congresso nazionale del Partito democratico allo scopo di chiudere, questa volta sì, definitivamente, i conti con la minoranza interna.