Nonni, sì, ma di chi?

Roberto Volpi
Il problema è che non ci sono più nipoti, e il nostro è un mondo di vecchi: ogni culla, due bare

I nonni? Quelli di una volta, quando nella popolazione li potevi contare a dito. Quelli erano nonni. Ma oggi? E’ un mondo di nonni, dunque di non nonni. Dov’è più il fascino del nonno? Oggi c’è semmai il fascino del nipotino, introvabile nelle italiche contrade. E’ un mondo sconvolto, rendiamoci conto. Come nelle favole, il rovesciamento è stato vorticoso, un battito di ciglia e zac! Via i bambini, dentro i vecchi. Sparizione di nipoti, epifanie di nonni veri e mancati.

 

E infatti qui è tutto un ricordare i nonni da parte di qualcuno ch’è oggi pressappoco nonno a sua volta. Ma prendete i nipoti di oggi, che ne sanno loro di nonni? In un mondo di tutti nonni o potenzialmente tali la figura del nonno è stata travolta, annullata. Oggi ci sono in Italia cinque (5) anziani di 65 e più anni per ogni bambino fino a cinque anni di età. Cioè, prendete un bambino di quella età, un nipotino. Figuratevelo. Sta lì, solo sul cuore della terra, e attorno a lui girano come satelliti perfino più di tutti e quattro i suoi nonni vivi e vegeti. Si volta e vede nonni sbucare da tutte le parti. L’invasione degli ultranonni – altro che quella degli ultracorpi di fantascientifica memoria.

 

Prendete tre città di mare, facciamo Cagliari, Genova e Trieste. Sarà la maledizione del mare, sta di fatto che in queste città i bambini nel senso anche di nipoti sono spariti, letteralmente. E questo mentre anziani e vecchi non hanno fatto che raddoppiare, triplicare. Sicché in queste città marine è il tripudio di nonni che vorrebbero esser tali ma non lo sono, per mancanza di nipoti. Figuratevelo qui, il potenziale nipotino. Non sapreste come ripararlo dall’assalto delle truppe nonnistiche: otto (8), dicasi otto ultrasessantacinquenni per ogni bambino fino a cinque anni d’età. Città fantasma, città da racconto gotico, città di strade e vicoli e case e imbarcazioni senza grida né pianti di bambini, presidi di attempati pocofacenti intenti a indagare l’orizzonte, semmai spuntasse dalle nebbie brumose un bambino.

 

Fantasmatiche città dove il bilancio è di due bare per una culla, due morti per una nascita. E dunque concentrare i punti nascita, ampliare i cimiteri. E non perché si muoia troppo. Ma quando mai. I nonni, veri o che vorrebbero esserlo, sono tenaci. Marciano compatti oltre gli ottanta anni, guardano ai novanta, si arrampicano sulle vette dei cento. E’ solo l’effetto della sopravvivenza, che più di tanto non sopravvive. Se continua di questo passo, nella stessa Italia moriranno anno su anno in 150-200mila più di quanti non ne nascano. Ed ecco allora la trasformazione alchemica della società: nipoti che non nascono, nonni che muoiono ultravecchi lasciandosi alle spalle un universo di anziani aspiranti nonni in inarrestabile espansione.

 

[**Video_box_2**]I nipoti spiegano la vita ai nonni – è questo il tempo. Li accompagnano ai giardini pubblici fingendo di esserne accompagnati, li sistemano sulle panchine, mentre loro cercano qualche compagno con cui giocare. Ma anche ammesso di trovarne non può essere così felice l’incontro, visto che gli ultranonni non fanno che alzarsi sulle punte dei piedi e schermarsi gli occhi con la mano per arrivare a scrutare l’orizzonte, là dove si agitano, a cinque, otto metri di distanza, gli sparuti, preziosi rampolli: puntolini scuri sul mare delle teste incanutite. Per subito prendere a sbracciarsi per richiamarli, frattanto raccomandandosi loro di non correre, non sudare, non sporcarsi. Quanto vorrebbero, i nipoti, romperne l’accerchiamento.

 

Ma come? Fior di inchieste hanno deciso che sono proprio loro, i nonni, i migliori amici dei bambini. Naturalmente non è vero. E’ solo che ci sono solo loro, gli anziani e i vecchi. Dovrebbero essere alla rovescia pure i cartelli: vietato l’ingresso ai maggiori di anni tot se non accompagnati da bambini di meno di anni tot. Fissare delle quote, magari. Ogni tre bambini non più di un vecchio/anziano. Far respirare i bambini, insomma.

 

E’ vita sottosopra, rendiamoci conto, perché si campa sempre di più e si nasce sempre di meno. Risultato: bambini senza pari età a portata di sguardo condannati a trascinarsi dietro quattro nonni a loro volta attorniati da una cerchia più esterna di anziani e vecchi, nonni mancati di nipoti non nati, che fanno pesare sospiri e mugugni.

 

Dura la vita dei nipoti, nell’invasione degli ultranonni. I nonni si addensano avendo sempre meno da dire, nella moltitudine ispessita; i nipoti si assottigliano provandosi a insegnare loro qualcosa. Le esperienze girano a rovescio: sono interessanti quelle dei bambini cavia, rari come farfalle al polo, scivolano via come acqua sul vetro quelle dei milioni e milioni di anziani che svernano dietro a piccoli, nipoti e non, che faticano a crescere in un mondo tagliato a misura di bara, più che di culla, che però fa finta di niente, come nella canzone che recita “Nonni, nonni, nonni, tanti nonni, beati siano i nonni, i beneamati nonni perché chi ha tanti nonni vive come un pascià e a piedi caldi se ne sta”. O forse non erano nonni ma soldi? 

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