La solitudine forzata per capire il valore dei legami

Vivek Murthy

La sola arma contro il contagio, l’isolamento, è anche ciò che più minaccia la società (e la produttività). Appunti da leggere rigorosamente a casa

Ora che la salute pubblica dipende dalla nostra solitudine abbiamo molto tempo per pensare all’agognata normalità, cioè quel tempo in cui la salute pubblica dipende dalla nostra solitudine, ma nel senso opposto a quello di oggi. Uno dei molti paradossi dello stato d’emergenza che viviamo è che ora per sopravvivere occorre fare esattamente ciò che normalmente ci uccide: coltivare la solitudine. Nel 2017 il surgeon general degli Stati Uniti, Vivek Murthy, ha scritto per la Harvard Business Review un articolo, di cui riportiamo qui alcuni stralci, che ha fatto scuola sulla natura della solitudine e sui suoi effetti negativi non solo sulla salute, strettamente intesa, ma anche sugli ambienti di lavoro, sulla produttività e sulla capacità di realizzare se stessi. Quell’articolo ha ispirato una riflessione più ampia, culminata in un libro intitolato “Together: The Healing Power of Human Connection in a Sometimes Lonely World”, in uscita a fine aprile negli Stati Uniti. Una buona lettura per prepararsi al momento in cui la solitudine smetterà di essere una triste e benedetta necessità. 


 

Il 24 agosto 1992, nelle prime ore del mattino, io e la mia famiglia siamo riemersi dal nostro rifugio d’emergenza e abbiamo trovato la nostra città, e le nostre vite, per sempre cambiate. Avevamo passato diverse ore stretti assieme mentre l’uragano Andrew si abbatte sul nostro quartiere della Florida del sud con piogge torrenziali e venti a 270 chilometri l’ora. Abbiamo visto pezzi di case ammassati ovunque, cavi dell’alta tensione rotti, penzolanti come lacci, e animali acquatici fra le fronde degli alberi. Erano stati scaraventati lassù dalla tempesta. Come migliaia di altre persone, siamo sopravvissuti alla tempesta e ai molti giorni bui che sono venuti dopo grazie alla bontà di estranei che ci hanno portato viveri, acqua e calore.

 

L’uragano Andrew ha creato un profondo senso di connessione e comunità nella Florida del sud, mentre l’intero paese ci sosteneva e noi ci facevamo forza gli uni gli altri. Ma dopo il ritorno alla normalità, piano piano la distanza fra le persone è cresciuta di nuovo. Siamo tornati alle nostre case, nei nostri posti di lavoro, nelle nostre scuole e alle nostre vite. Ci siamo separati, ancora una volta. 


Guardando luoghi devastati da vari disastri penso a quanto questi ci fanno avvicinare, e a quanto il legame si riveli fugace


 

Guardando oggi ai molti luoghi devastati da disastri di ogni tipo, penso a quanto spesso le tragedie ci fanno avvicinare, e a quanto quella connessione si rivela spesso fugace. Ci sono buone ragioni per essere preoccupati dallo stato delle connessioni sociali nel mondo di oggi. La solitudine è una epidemia che si sta aggravando. Viviamo nell’era più tecnologicamente connessa nella storia della civiltà umana, eppure il tasso di solitudine è raddoppiato dagli anni Ottanta. Oggi il 40 per cento degli adulti in America si sente solo, e le ricerche dicono che il numero reale potrebbe essere molto più alto. Inoltre, il numero di persone che ha un amico intimo nella propria vita è in costante calo negli ultimi decenni. Sul lavoro, molti dipendenti – e metà degli amministratori delegati – dicono di sentirsi soli nei loro ruoli. Nel corso del mio mandato come surgeon general degli Stati Uniti ho sperimentato in prima persona i modi in cui la solitudine danneggia persone di ogni età e strato socio economico in tutto il paese. Ho incontrato studenti delle scuole medie e superiori nelle aree rurali che si sono dati alla violenza, alla droga e alle gang per lenire il dolore della loro solitudine. Ho parlato con madri e padri che hanno perso i loro figli per overdose, e faticavano ad affrontare il dolore per via dello stigma che s’accompagna alla dipendenza. Ho visto operai, dottori, piccoli commercianti e insegnanti che si sentivano soli sul posto di lavoro, sull’orlo di una esaurimento nervoso. 

 

Nei miei anni di lavoro come medico, la patologia più comune che ho incontrato non era il diabete o le malattie cardiache, ma la solitudine. La persona anziana che veniva all’ospedale alcune volte al mese per dolori cronici al petto cercava in realtà una connessione umana. Era solo. La donna di mezz’età che lottava contro l’Hiv allo stadio avanzato non aveva nessuno a cui dire che era malata: anche lei era sola. Ho scoperto che la solitudine era spesso sullo sfondo dei quadri clinici più complicati, e forniva un contributo negativo importante, rendendo difficile per i pazienti affrontare la malattia e guarire. Per molti non si tratterà di una sorpresa. Molto probabilmente chi legge conosce qualcuno che vive una situazione di solitudine. E questo può essere un problema molto serio. La solitudine e le deboli connessioni sociali sono associate con una riduzione dell’aspettativa di vita simile a quella causata dal fumo di 15 sigarette al giorno e più ampia di quella legata all’obesità. Ma non ci siamo concentrati sul contrasto alla solitudine quanto sulla lotta al tabacco e all’obesità. 


Le aziende dovrebbero porre la cura delle relazioni come priorità strategica. Ma il problema è la qualità dei legami 


La solitudine è anche associata a un incremento del rischio di malattie cardiovascolari, demenza, depressione e ansia. Sul lavoro, peggiora le performance, limita la creatività e impedisce altri aspetti funzionali come il ragionamento razionale e la possibilità di prendere decisioni. Per la nostra salute e il nostro lavoro, è imperativo che affrontiamo l’epidemia velocemente. Quando capiremo i costi umani ed economici della solitudine, potremo determinare a chi spetta la responsabilità di affrontare il problema [...]. 

 

La radici della solitudine

La solitudine è il senso soggettivo di avere connessioni sociali inadeguate. Perché questo sentimento è cresciuto negli ultimi decenni? In parte perché le persone si muovono di più e ed è perciò più probabile che vivano lontano dalla famiglia e dagli amici. Oggi le persone che si considerano sole hanno raggiunto il numero più alto da quando esiste questo sondaggio. Sul posto di lavoro nuovi modelli – come il telelavoro e altri accordi flessibili modellati sulle richieste della “gig economy” – hanno generato opportunità ma spesso hanno ridotto le relazioni interpersonali. Ma anche il lavoro in ufficio non garantisce connessioni significative. Le persone lavorano in uffici pieni di colleghi, ma ciascuno guarda al proprio schermo o partecipa a meeting focalizzati sui risultati nei quali lo spazio per un collegamento a livello umano è quasi azzerato.

 

Happy hour, pause caffè, esercizi di team building sono concepiti per costruire collegamenti tra colleghi, ma aiutano davvero le persone a sviluppare relazioni profonde? In media, passiamo più ore, da svegli, con i colleghi che con le nostre famiglie. Ma questi sanno davvero a cosa teniamo? Capiscono i nostri valori? Condividono i nostri trionfi e i nostri dolori? Non sono domande retoriche. Da un punto di vista biologico, l’evoluzione ci ha portato a diventare creature sociali. Molto tempo fa, la nostra capacità di costruire relazioni di fiducia e cooperazione ci ha aiutato ad aumentare le possibilità di avere forniture stabili di cibo e protezioni contro i predatori. Nel corso di migliaia di anni, il valore delle connessioni sociali è diventato parte del nostro sistema nervoso a tal punto che l’assenza di questo strato protettivo genera uno stato di stress nel corpo [...]. I rapporti possono anche aiutarci indirettamente aumentando l’autostima e la produttività, che possono aiutare una persona in situazioni di stress e produrre effetti positivi sullo stato di salute generale. Alcuni studi dicono che le aziende i cui dipendenti si sentono molto stressati hanno spese sanitarie molto più alte rispetto ad aziende dove i dipendenti sono meno stressati. Le nostra conoscenze della biologia, della psicologia e delle dinamiche sul posto di lavoro indicano che le aziende dovrebbero mettere la coltivazione delle relazioni come priorità strategica. Dipendenti più connessi tendono a essere più soddisfatti e produttivi, oltre che più protetti dalle malattie e dallo stress. 

 

“Imporre” i legami sul posto di lavoro

La mia esperienza dice che le persone danno il meglio di sé sul lavoro quando sentono un collegamento forte con la missione dell’azienda e con le persone che hanno accanto. Quando ero a capo dell’ufficio del surgeon general, il nostro staff è cresciuto molto mentre cercavamo costruire una squadra che potesse affrontare una serie di pressanti questioni di salute pubblica. Anche i membri andavano piuttosto d’accordo, è stato ben presto chiaro che non riconoscevano profondamente la ricchezza dell’esperienza che ciascuno portava al team. Avevamo un’infermiera militare decorata, una donna che aveva passato anni a dare assistenza medica ai detenuti, un pianista e predicatore, un olimpionico della corsa e diverse persone che hanno avuto problemi di dipendenze in famiglia. Anche se lavoriamo secondo le formalità di una gerarchia in uniforme, nel mio team eravamo desiderosi di sapere di più gli uni degli altri [...]. 

 

Creare legami

Sappiamo che se vogliamo dare priorità alla nostra salute e alla salute delle nostre aziende, il posto di lavoro è uno dei luoghi più importanti nei quali coltivare le connessioni sociali. Anche se sembra facile organizzare un evento di team building, prendere un caffè con un collega o parlare alla macchinetta del Trono di Spade, un vero legame necessita di un ambiente che accoglie le identità irripetibili e le esperienze dei lavoratori dentro e fuori dal posto di lavoro. Presento qui cinque passi che possono aiutare a costruire relazioni salutari e produttive. 

 

Valutate lo stato delle connessioni

Le connessioni sociali forti non riguardano soltanto il numero di amici o famigliari che uno ha. E’ la qualità dei rapporti che conta di più. Puoi essere circondato da molte persone e avere migliaia di interazioni sui social, ma essere lo stesso da solo. Ecco alcune domande da farsi per valutare la qualità delle relazioni nella tua organizzazione: i dipendenti sentono che i colleghi li stimano e si interessano a loro? Credono che la loro istituzione abbia una cultura che valorizza l’atto di dare e ricevere attenzioni? Descrivono la loro relazione con i colleghi come dominata dall’amore o dalla paura? 

 

Coltivate la comprensione di relazioni di alta qualità

Le connessioni sociali forti sono caratterizzate da esperienze significative condivise e relazioni benefiche a doppio senso, dove entrambe le persone danno e ricevono. Le relazioni di alta qualità devono essere radicate nell’amore e informate da gentilezza, empatia e generosità. C’è una tendenza a descrivere queste emozioni come “morbide” e addirittura come un fardello che distorce il giudizio e impedisce di prendere decisioni difficili. Ma la ricerca mostra che le emozioni positive migliorano le performance e la resilienza. Occorre chiarire con i sottoposti e i colleghi il tipo di relazioni che volete stabilire al lavoro e quali azioni le fortificano.

Rendete il rafforzamento delle connessioni sociali una priorità strategica aziendale

Concepire e modellare una cultura che sostiene le relazioni è più importante di ogni singolo programma. Richiede l’impegno di tutti i livelli dell’organizzazione, e una leadership chiara. Se i membri più anziani dell’organizzazione investono nella creazione di connessioni forti con altri membri del team, questo può dare un esempio potente, specialmente quando i leader sono pronti a mostrare che la vulnerabilità può essere una forza, e non una debolezza.

Incoraggiate i colleghi a farsi presenti e ad aiutare gli altri. E ad accettare aiuto quando viene offerto

Anche se può sembrare controintuitivo aiutare gli altri quando noi stessi ci sentiamo soli, dare una mano e accettare un aiuto dagli altri aiuta a costruire connessioni che affermano entrambi i soggetti del rapporto. Una tarda serata nel mio periodo da specializzando, mentre mi stavo occupando di una unità di terapia intensiva, un collega si è fermato per aiutarmi a gestire un flusso improvviso di pazienti in condizioni critiche. Grazie alla sua generosità siamo stati in grado di disporre le flebo rapidamente a pazienti con infezioni sanguigne, per poter somministrare subito antibiotici che hanno salvato loro la vita. Abbiamo lavorato insieme soltanto per un paio d’ore quella notte, ma la connessione tra di noi è durata per anni. Dare e ricevere aiuto gratuitamente è uno dei modi pratici in cui sperimentiamo i legami reciproci.

Create occasioni per conoscere le vite dei vostri colleghi

La probabilità che si sviluppino connessioni sociali autentiche è maggiore quando le persone si sentono apprezzate e capite in quanto individui con una vita – come madri e padri, figli e figlie, individui con passioni al di fuori del lavoro, cittadini preoccupati e membri di comunità. In un’organizzazione, tutti hanno il potere di creare spazio per la condivisione, sia che questo avvenga in un incontro formale o in una conversazione a pranzo.

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