Servono leader di aspettative

Inutile scimmiottare Salvini, che resta solo un follower di paure. Bisogna far innamorare gli italiani di nuove urgenze. Appunti per un'agenda ottimistica

Francesco Cundari

    La seconda soluzione, che come avrete capito è anche quella giusta, presenta però un altro difetto: è difficilissima da mettere in pratica, e infatti nove volte su dieci i teorici di questa soluzione si dimostrano dei ciarlatani di prima grandezza, assertori di una sorta di pensiero magico, in base al quale soltanto ripetendo fino allo sfinimento le proprie parole d'ordine, dai e dai, si produrrebbe una sorta di reazione chimica capace di trasformare in sostenitori della sinistra elettori fino a un minuto prima giudicati poco meno che filonazisti. Resta il fatto che la via omeopatica l'abbiamo già sperimentata nel 2011, nel modo in cui abbiamo affrontato la crisi finanziaria (con il governo Monti), e nel 2017, nel modo in cui abbiamo affrontato la cosiddetta – anche da noi – emergenza immigrazione (con il governo Gentiloni). Qualunque cosa si pensi, nel merito, delle decisioni prese allora, la loro efficacia elettorale è stata dimostrata dall'esito, non fausto, delle successive elezioni. Sarà dunque bene concentrarsi sull'altra strada, quella non omeopatica, senza perdersi in chiacchiere, e cominciando magari con lo stracciare gli accordi con la Libia, fare lo ius culturae e più in generale sforzandosi di offrire agli elettori in tutti i campi, dall'economia alla giustizia, un progetto al tempo stesso coraggioso ed equilibrato. Un progetto il cui equilibrio non derivi però dall'offrire, su ogni materia, il compromesso più loffio, affinché ciascuno possa riconoscersi pienamente in tutti i suoi punti, bensì dall'insieme delle proposte e dalla loro coerenza interna. L'alternativa alla propaganda populista e xenofoba non può essere una moderata e ragionevole dose di populismo e xenofobia: né nel racconto, né nelle concrete soluzioni di governo.

    Francesco Cundari

    Cambiare l'agenda delle priorità e del dibattito

    Come si batte Salvini? Né scimmiottandolo né demonizzandolo, perché in un modo o nell'altro gli tiri la volata. La chiave, a parer mio, è inventarsi nuovi “prodotti” per il mercato politico che sostituiscano quelli venduti dalla bottega Salvini. Un esempio bizzarro ma non troppo: chi avrebbe mai pensato negli anni Novanta che la posizione dominante di Microsoft (leggasi: Salvini) nel mercato informatico potesse essere insidiata? Sembrava inscalfibile! Certamente non sarebbe accaduto tramite sanzioni antitrust (leggasi: processi per il caso Gregoretti), né confidando che tutto il mondo potesse diventare come quella piccola elité che da sempre comprava Mac (ergo, voto in Emilia Romagna). Il ridimensionamento di Microsoft è avvenuto quando è mutato il paradigma tecnologico, con l'arrivo di Internet, dei tablet, degli smartphone, etc. Cambia il paradigma e cambiano i bisogni reali e percepiti dei consumatori. Così, dovremmo cercare di imporre nel dibattito temi e bisogni diversi dalle ossessioni e dalle paure imposte dalla narrazione leghista. Salvini è un follower di paure, occorre essere leader di aspettative. Dobbiamo inquietare e far innamorare gli italiani di nuove urgenze: altro che immigrati, abbiamo il problema della futura pensione per i giovani, una chimera di cui nessuno si occupa; più che della flat tax farlocca, parliamo del dramma dei salari troppo bassi, perché bassa è la produttività e alte sono le tasse; la sostenibilità ambientale è un tema senza colore politico che riguarda il futuro dei nostri figli, Salvini non sa nemmeno di cosa si tratti; anziché perder tempo ad abbaiare contro l'Europa, redigiamo un'agenda di obiettivi irrinunciabili che l'Italia vuol vedere realizzati sì o sì in ambito Ue. Europeisti, ma con cazzimma. Insomma, cambiamo l'agenda delle priorità e del dibattito, per solleticare a sufficienza l'egoismo dell'elettore che vuole guadagnare di più, vivere meglio ed essere più sicuro del futuro, facendogli dimenticare le scemenze del Papeete, dei citofoni, di Bibbiano, dei mini-bot e così via. Un'agenda ottimistica e “individualista” (ma che poi sotto sotto è altruista) per battere la mediocrità pessimistica del sovranismo.

    Piercamillo Falasca

    Ripartire dalla leggerezza

    Se “la Storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia la seconda come farsa”, la prima volta per farci della satira vale l'apocrifo teorema di Lenny Bruce “tragedia + tempo”; ma la seconda volta, non trovandocisi più in presenza di una tragedia ma di una sua parodia (il che non esclude che sia altrettanto tragica: parafrasando al contrario Ennio Flaiano, “la situazione non è seria, ma grave sì”), di fronte alla farsa, dicevo, non si vede perché l'ironia dovrebbe arretrare o, peggio, considerarsi battuta o intimorita da scrupoli di ogni genere.

    Ammesso che vi sia stato un “effetto Sardine” determinante nel dare la prima (e unica?) battuta d'arresto al populismo e al nazionalismo, ciò che probabilmente ha galvanizzato non sono certo stati i contenuti (assenti), e non soltanto il riconoscimento da parte di elettori smarriti e disillusi; ma una sostanziale allegria di fondo, oserei dire leggerezza, contrapposta alla cupezza salviniana fatta di spaccio nelle periferie e bambini sottratti in provincia.

    Ecco, io non so se “la sinistra debba ripartire dalle Sardine”, ma sicuramente la satira può ripartire da qui: dalla leggerezza. Veniamo da mesi in cui qualunque meme o ironia sul sovranista di turno veniva sommersa dalla critica di “umanizzarli”, “renderli simpatici”, “amplificarne il messaggio”: un processo (tutto interno alla bolla) di una pesantezza grigia e assurda. Come se il problema fosse l'ironia e non chi non la capisce. Al tempo stesso, se la satira riparte, non commetta gli stessi errori: la caricatura e l'imitazione non funzionano su politici già caricaturali di loro; e la satira non deve essere a ricasco della stretta attualità, diventando così dipendente dalle citofonate di Salvini o dai discorsi della Meloni, bensì anticiparla, prevederla, superarla.

    Proprio in questi giorni un noto comico, nel presentare un nuovo programma comico presto su una rete nazionale (non importa quale comico, non importa quale rete), ha ripetuto il solito mantra: “Difficile fare satira oggi, le parodie vengono superate dagli originali”. Falso. La satira può sempre superare la realtà, grazie alla fantasia. Il punto è che di fronte a un mondo già così sopra le righe, la satira deve poter esagerare ancora di più. E quale editore oggi, nell'epoca dell'ipersuscettibilità di massa, darebbe libertà alla satira di dire e fare più di quanto dicono o fanno certi leader?

    Saverio Raimondo

    Due aree in cui sottrarre consensi alla Lega

    La battaglia contro il populismo salviniano ha vari aspetti, culturale, politico ed elettorale. Limitandosi alla tattica elettorale vale la pena di sottolineare due questioni: in un sistema proporzionale con sbarramento, che è quello prescelto dalla maggioranza, bisogna non disperdere voti, il che richiede un'aggregazione delle sigle minori (una lista Bonino-Calenda-Renzi per esempio è meglio di tre liste separate) e presentare una proposta di governo che attiri i settori centrali dell'elettorato, il che implica l'abbandono di ogni estremismo. Il Pd deve decidere rapidamente se puntare a una alleanza organica con il Movimento 5 stelle, difficile e forse controproducente nei confronti dell'elettorato moderato, o a una intesa tra i riformisti che dopo le elezioni può chiedere l'appoggio dell'estrema sinistra, sempre che abbia seggi, e dei 5 stelle, se il loro apporto risulterà com'è probabile indispensabile. Chiedere ai 5 stelle di rinunciare in anticipo alla funzione di ago della bilancia cui aspirano può accentuare la loro crisi e portare a un anticipo delle elezioni o a qualche soluzione pasticciata tecnico-politica che di solito non favorisce poi le fortune elettorali di chi l'ha sostenuta. Le aree che sono contendibili sono quella dell'impresa e del lavoro e quella del voto di orientamento cattolico. In questi settori esiste una possibilità di sottrarre consensi alla Lega, a patto di presentare proposte che non appaiano contrarie alla libertà di mercato, compresa quella della contrattazione salariale, o ispirate a un laicismo fondamentalista. C'è poi, non certo da ultimo, l'efficacia dell'azione di governo, che però dipende in gran parte da fattori esterni, a cominciare dall'atteggiamento dell'Unione europea che viene ancora sentito da ampi settori come invasivo, e dall'andamento delle numerose situazioni di crisi industriale.