Zero Murgia, più Veltroni

    N on ho letto il nuovo romanzo, un giallo, di Walter Veltroni, Assassinio a Villa Borghese, e ci sono concrete possibilità che non lo faccia – il tempo è poco e ho ancora indietro metà dei polizieschi milanesi di Scerbanenco. Se pensate che sfoderi la consunta battuta, “non l'ho letto e non mi piace”, variamente attribuita ma forse di Vanni Scheiwiller, non lo farò. Preferirei invece leggerlo e magari dire, come Nanni Moretti di Spinaceto: pensavo peggio. Ma soprattutto ora che Michela Murgia, questa scrittrice per mancanza di un codice estetico che lo vieti, questa caricaturale maestra di pensiero di ogni sciatteria politicamente corretta (Saviano sembra Aristotele al confronto), ha detto alla radio che è “il libro più brutto che ho letto negli ultimi sei anni” potete scommettere che Veltroni merita quantomeno il Pulitzer. Non si sa che cosa abbia letto, in questi sei anni, Murgia, ma se invece non avete mai letto i libri di questa approssimazione per difetto del grado zero della scrittura, non perdete nulla. Basta sbirciare cosa e come scrive su blog e giornali, per farsi l'idea. Tra le sue ideone, a parte che tutto il mondo è patriarcale e stupratore, troverete cose come l'abolizione degli eroi in quanto eroi e in quanto maschi (trova sessista persino Harry Potter) o che voleva l'indipendenza della Sardegna. Poi ha inventato il “fascistometro”, e le è andata bene che non ci fosse lì vicino un etilometro. A volte è andata anche a fare dei monologhi in tivù, e al confronto Celentano sembra ancora vivo. Fidatevi, se lo dice Michela Murgia, Veltroni è Proust.