Politica e spiccioli

    Una cosa che si può dire sull'arresto ai domiciliari di Lara Comi, ex eurodeputata di Forza Italia, non rieletta lo scorso giugno per il terzo mandato, è che il gip di Milano Raffaella Mascarino, che ha firmato l'ordinanza, essendo un magistrato e non uno psicologo dell'età evolutiva, avrebbe potuto evitare valutazioni etico-caratteriali inutili a corroborare il provvedimento, tipo: “Nonostante la giovane età, Lara Comi ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel fare ricorso ai diversi, collaudati schemi criminosi”. E anche: “Emerge la peculiare abilità che l'indagata Comi ha mostrato di aver acquisito nello sfruttare al meglio la sua rete di conoscenze”. La giovane età e la peculiare abilità non sono un'aggravante di reato. Ma già in passato ci era capitato di notare come il gip Mascarino abbia una sua personale tendenza al commento moralista o sociologico. Già nel caso del primo giro di arresti, la primavera scorsa, per la cosiddetta inchiesta “mensa dei poveri”, nell'ordinanza scrisse: “Si assiste a uno scenario di bassissima valenza sociale” e aveva idealmente connesso reati e imputati diversi in un unico ed esecrabile “certo modo lombardo di fare sistema”.

    Una seconda cosa che si può dire, del provvedimento che ha colpito Comi, è che il quadro accusatorio – sul quale poi saranno i giudici a esprimersi – appare piuttosto delineato e sostenuto da dichiarazioni di indagati o testimoni che ovviamente avranno necessità di riscontro. Le tre vicende che la coinvolgono riguardano due contratti di consulenza ricevuti dalla società Premium Consulting da Afol – l'agenzia partecipata dalla Città metropolitana che si occupa di formazione e orientamento al lavoro – attraverso rapporti con l'allora direttore generale, Giuseppe Zingale (ieri finito in carcere). Poi c'è il presunto finanziamento illecito da 31 mila euro ricevuto dall'industriale bresciano, presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti. A questo proposito, si può annotare che esiste la via legale e rendicontabile per il finanziamento elettorale a un partito, o al candidato stesso. Perché viene (anche in altri casi) così poco usata? Forse perché i massimali rendicontabili sono così bassi, parametrati ai costi di una campagna elettorale, da renderli inutilizzabili. Non è allora il caso di ripristinare il benedetto finanziamento pubblico? Ma forse c'è da pensare che il discredito creato attorno alla politica da anni di populismo giustizialista sia ormai tale che gli imprenditori si vergognano di farlo esplicitamente. Gli altri due episodi, di cui solo l'ultimo è un nuovo addebito, riguardano la truffa aggravata al Parlamento europeo per rimborsi non dovuti e dirottati altrove. Stante tutto ciò, poiché i primi reati erano già contestati dalla magistratura nel maggio scorso, la necessità degli arresti domiciliari appare tutta da dimostrare. Spesso fa parte di una forzatura inquisitoria e mediatica, bisogna augurarsi che non sia questo il caso.

    Una terza cosa che si può dire, stavolta su Lara Comi, è la sconcertante pochezza politica dimostrata, tanto da lei quanto dagli altri giovani esponenti (locali) del centrodestra colpiti a maggio dalla stessa indagine, Fabio Altitonante e Pietro Tatarella, che avrebbero dovuto essere il nerbo della nuova classe dirigente forzista e invece sono assurti al ruolo prematuro di “generazione perduta”. I reati a loro contestati – ma questo dice anche della marginalità dell'intera inchiesta “mensa dei poveri”: non è la nuova tangentopoli e nulla ha di sistemico, nonostante qualche sparata giornalistica – sono esigui economicamente e dimostrano la mancanza imbarazzante di un qualsiasi potere di condizionamento del sistema economico. Il tempo in cui la forza politica si costruiva sul controllo di una rete territoriale, in un do ut des favorito dall'opacità delle leggi, è passato. E' strano pensare che un'eurodeputata preparata come Lara Comi potesse immaginare di costruire un proprio ruolo appoggiandosi a personaggi di seconda fascia come Gioacchino Caianiello, ex organizzatore di Forza Italia nel Varesotto.

    Lo stesso piccolo cabotaggio si può attribuire agli altri arrestati di ieri, l'ex direttore generale di Afol Metropolitana, Zingale, e l'ad della catena di supermercati Tigros, azienda di famiglia, Paolo Orrigoni, che avrebbe corrisposto una tangente per facilitare una pratica edilizia a Gallarate. Piccola corruzione territoriale, dalla quale le forze politiche che vogliono essere rispettate e ambiscono a guidare il paese dovrebbero stare lontane: produce discredito e non dà in cambio né ricchezza né potere.

    Maurizio Crippa