Ottime ragioni tech per prendere la tav verso lione

Alberto de Filippis

    Dalla retorica No Tav che sosteneva che non ci fosse ragione per andare a Lione, passando per il già ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli che fiero affermava ai media: “Perché chissenefrega di andare a Lione, lasciatemelo dire”, sono tantissimi gli ineffabili avversari della Tav, la linea ad alta velocità, che indicano il dito anziché la Luna e si chiedono sprezzanti perché mai bisognerebbe spendere miliardi per collegare il nostro paese a una città del sud della Francia. L'argomento è ovviamente insensato. La linea Torino-Lione è in realtà una linea Italia-Europa, che mette il paese in collegamento con Parigi, e poi passando per la Manica con Londra, andando a ovest con la Spagna, e così via. E' una linea che apre possibilità nuove alle merci e anche ai passeggeri.

    Ma proviamo a stare al gioco, a immaginare che dopo Lione ci sia il baratro, e che dunque abbiano ragione i No Tav nostrani a chiedersi: che diamine ci si va a fare a Lione? Questo è uno degli interrogativi retorici più provinciali che si possa porre e nelle righe che seguono cercheremo di spiegarvi il perché.

    Lione è un centro di eccellenza a livello europeo per l'industria tecnologica e la ricerca. E' una piccola Silicon Valley francese e una città industriale che ha saputo riqualificarsi come poche altre in Europa. Per cui ecco una prima risposta: i No Tav a Lione potrebbero andarci per imparare qualcosa.

    Lione sono anni che si prepara al mondo. Anzitutto investendo nei talenti, autoctoni e non. Le aziende più innovative si insediano qui a Lione perché vi trovano personale formato. La città ospita la maggiore scuola d'ingegneri di Francia, l'Insa. Il 30 per cento di loro sono di origine straniera e possono usufruire di aiuti e borse di studio. Molti di loro sono cinesi e arrivano qui dopo il loro diploma liceale. Tanti ci restano e lavorano per le aziende francesi con il know-how del mondo cinese che viene poi riutilizzato per entrare nel mercato locale.

    Assieme ai talenti, Lione ha lavorato sugli investimenti e sull'ecosistema. Ci sono i programmi di sviluppo digitale statali come Only Lyon e Aderly, entità che si occupano di trovare i locali, fornire l'appoggio infrastrutturale e persino il network per le aziende che decidono di impiantarsi in città utilizzando manodopera locale. Ma ci sono anche ecosistemi più complessi, come Minalogic, un polo innovativo creato a Lione grazie a un investimento da oltre due miliardi e trecento milioni di euro per aiutare startup e scaleup (che sarebbero le startup un po' più avanti nel percorso di business) negli ambiti più svariati come domotica, trasporti, costruzioni, difesa, agricoltura e ambiente o simulazioni virtuali ludiche (Lione è anche sede di alcune delle maggiori società di videogiochi al mondo).

    L'ecosistema tecnologico così vivace ha portato a Lione ingenti investimenti privati. Tra le notizie più fresche c'è lo sbarco di Onepoint, una società francese che si occupa della trasformazione digitale delle aziende. 2.300 salariati e la volontà di creare in città un campus per la formazione dei nuovi ingegneri. In una commistione di antico e moderno l'azienda si è insediata nell'Hotel-Dieu. E' una gigantesca costruzione che fino al 2010 ha ospitato un ospedale e parte di una scuola specialistica per poi essere riconvertita in uffici, centri commerciali e hotel. Onepoint si occupa di analizzare l'enorme mole di dati che un'azienda che vuole diventare globale deve considerare per essere sul mercato, permettendo ai propri clienti di correggere in corsa eventuali errori.

    Attirati dalla conversione energetica che dovrebbe portare la Francia ad abbandonare il carbone, sono arrivati anche gli svizzeri di LEM che producono batterie che possano arrivare a permetterci di rinunciare un giorno agli inquinanti motori a scoppio. L'ambiente è il motivo dell'esistenza di Axelera, incubatore di startup legato alle tecnologie verdi. Fra i giganti che hanno casa a Lione la canadese Westport Innovations, che produce motori puliti a gas naturale le cui colonnine cominciano a spuntare come funghi in tutto il territorio francese, oppure la Toshiba, leader tra le altre cose nella tecnologia smartgrid. In pratica il gigante nipponico ha deciso di usare Lione come laboratorio, con l'obiettivo di creare una rete elettrica intelligente e soprattutto modulabile. Le città infatti non consumano sempre allo stesso modo, ma variano a seconda delle condizioni atmosferiche, dei periodi dell'anno – persino lo smog può influenzare ad esempio la circolazione o l'uso dei mezzi pubblici. Il network intelligente che Toshiba installa da anni nei nuovi edifici lionesi mira proprio a gestire queste variazioni. Contribuisce a non buttare via energia nei periodi in cui non ce ne sarebbe bisogno.

    Altro tipo di industria ultratecnologica di base a Lione è quella del comparto scientifico e delle biotecnologie. La regione Auvergne-Alpi Rodano è la prima regione europea per investimenti in questo senso. Si va dalla tecnologia dei vaccini che vengono sviluppati da Sanofi Pasteur e altri giganti del settore, all'avveniristico Lyonbiopôle, il polo specializzato nello studio delle malattie infettive. La collaborazione fra diversi attori del settore ha permesso la creazione di Bioaster, un istituto pubblico-privato che si occupa di analizzare in maniera innovativa le malattie di questo tipo (si va dall'influenza di stagione all'ebola, su cui Bioaster ha fatto scoperte fondamentali). ACCInov è invece l'istituto che permette di studiare attraverso migliaia di “simulazioni contemporanee” i mutamenti non solo delle malattie infettive, ma anche di malattie come il cancro. Malattia quest'ultima che ha il diritto a un suo centro, il CLARA, che collabora con tutti i principali dipartimenti di cancerologia in Francia e nel mondo. Lione è inoltre uno dei centri per le tecnologie mediche e la creazione di protesi sempre più a buon mercato di cui può beneficiare un sempre maggior numero di persone. Nel solo hinterland lionese ci sono oltre 300 aziende che si occupano del settore. Non tutte ovviamente esperte in robotica, ma anche in tecnologie di base comunque necessarie per arrivare ai risultati.

    Ma come si è arrivati a questo sviluppo? Lione si trova nella regione dell'Auvergne-Alpi Rodano, considerata, dopo la regione di Parigi, la più sviluppata di Francia. La città è anche il regno politico di Gérard Collomb. In termini di aura è paragonabile al governatore della Campania Vincenzo de Luca, senza però averne gli eccessi verbali. Collomb è una specie di pantera rosa della politica transalpina. Felpato, con modi gentili, cresciuto nel Partito socialista, Collomb ha interrotto brevemente la sua carriera politica in gran parte lionese per fare il ministro dell'Interno del governo di Emmanuel Macron, di cui è stato un sostenitore fin dagli inizi. Dal novembre 2018 è tornato a essere sindaco di Lione. Errori politici ne ha commessi, ci mancherebbe altro, ma Collomb è uno degli artefici della trasformazione di Lione. Prima di lui bastava andare sulla collina della basilica di Fourvière che domina la valle dove sonnecchia Lugdunum, questo il nome dell'antica capitale gallica, e guardare a sinistra i camini della centrale nucleare di Bugey, a destra il corridoio chimico, ovvero una serie di anonimi laboratori di aziende farmaceutiche. In mezzo una città vecchiotta e palazzi sempre più fatiscenti. Un panorama architettonico che spiegava anche il carattere lionese. Lione è una città a suo modo calvinista, dove il benestare economico non dev'essere ostentato. Per comprendere la ricchezza di Lione è meglio piuttosto andare in Costa azzurra d'estate e contare le fuoriserie con targa 69, identificativo geografico di Lione.

    La “gentrificazione umana” della città è cominciata in modo abbastanza sornione puntando alla riqualificazione di zone come la Confluence, la confluenza dei due fiumi, il Rodano e la Saona. Era un quartiere di magazzini abbandonati, spaccio e donnine in abiti succinti. E' stato rivoltato come una calza: Zac!, e quello che era un cumulo di detriti è diventato un esempio di riqualificazione architettonica. Zac è un acronimo di quelli amati dai cugini transalpini. Zac sta per Zone d'aménagement concerté (zona di riassetto concertato), un progetto lanciato dal sindaco Raymond Barre e portato a termine dal suo avversario Collomb che ne intravede le enormi potenzialità. Confluence è la prima cosa che si vede entrando a Lione da sud, attraverso l'autostrada A7. Siccome il progetto costa tantissimo e deve diventare il biglietto da visita della città, si cercano partner privati per condividere esperienze e spese. Tecnologia applicata a tutte le ultime costruzioni. Manuelle Gautrand, Massimiliano Fuksas, MVRDV-Winy Maas, Jean-Michel Wilmotte, Jakob-Mac Farlane, Rudy Ricciotti, Odile Decq sono soltanto alcuni degli architetti e urbanisti che hanno messo le mani qui e a cui è stato chiesto di costruire edifici sparagnini, belli e connessi fra loro. Sempre qui sorgono la sede mondiale del canale Euronews o GS Eventi, il gigante dell'organizzazione eventi nell'esagono. Qui prende forma, più o meno, il museo della Confluence. Da lontano sembra un foglio di carta spiegazzato e gettato per terra. E' l'opera degli austriaci di Coop Himmelb(l)au, all'interno è uno dei musei di storia naturale e d'arte più ipertecnologici del mondo. Mentre in Italia ancora sono una visione rarissima, nella Confluence i minibus senza pilota realizzati dall'azienda Navly sono entrati in sperimentazione già nel 2016.

    E siccome Lione punta a voler diventare un punto d'attrazione sia economico sia politico è qui che Marion Maréchal-Le Pen, giovane leader nascente della destra sovranista, ha fondato la sua scuola di formazione politica. Ovvio che Collomb non abbia fatto i salti di gioia una volta saputo che la Maréchal-Le Pen voleva impiantarsi in città, ma non ci sono state guerre per impedirle di aprire questo istituto come sarebbe accaduto altrove.

    Questa maniera di collaborare anche fra nemici e concorrenti ha prodotto decine di migliaia di nuovi posti di lavoro. Lo dimostra lo sciamare di tantissimi giovani e meno giovani italiani che il belpaese forma e poi furbescamente lascia partire per fare grande una città dove, secondo i No Tav, non vuole andare nessuno.

    Alberto de Filippis