Viva la destra che licenzia i nazionalisti

Claudio Cerasa

I l punto è sempre lì: non si normalizzano i barbari. Il formidabile cortocircuito politico andato in onda nel fine settimana in Austria – con il vicecancelliere e capo del partito sovranista dell’Fpö, Heinz-Christian Strache, costretto alle dimissioni dopo un video girato di nascosto a Ibiza nel 2017 in cui Strache prometteva a una sedicente oligarca russa influenza e affari in un possibile futuro governo in cambio di sostegno economico alla campagna elettorale – non può essere archiviato nella cartella dei tradizionali infortuni politici tra alleati appartenenti a culture politiche diverse, ma merita di essere trattato con un po’ di attenzione in più per via di ciò che fino a oggi ha rappresentato l’esperimento di governo condotto da Sebastian Kurz. La scommessa spericolata ma suggestiva del giovane cancelliere austriaco è stata quella di trasformare il suo paese nel laboratorio di un esperimento politico che qualcuno vorrebbe provare a replicare anche nel prossimo Parlamento europeo e che grosso modo potrebbe essere sintetizzata così: dimostrare che i partiti sovranisti, antieuropeisti, xenofobi e nazionalisti possono in qualche modo diventare presentabili, ragionevoli, assennati e giudiziosi, cambiando la propria natura, se affiancati al governo da un partito con solide radici europeiste come per esempio è quello conservatore (Övp, Österreichische Volkspartei) guidato dal cancelliere Kurz, che in Europa fa parte della grande famiglia del Ppe. La scelta di Kurz è stata una scelta dettata non da una pura necessità ma da una esplicita volontà – all’indomani delle elezioni legislative, Kurz, dopo aver ottenuto 62 seggi in Parlamento, di fronte a sé aveva due strade per tentare di arrivare ai 92 seggi necessari per formare un governo: costruire un asse europeista con i socialdemocratici dell’Spö (52 seggi) o tentare la fortuna con i sovranisti dell’Fpö (51) – e la decisione presa dal cancelliere austriaco di chiedere all’istante le elezioni anticipate a causa di una sopraggiunta incompatibilità del suo partito con il profilo del partito nazionalista è un colpo simbolicamente micidiale per tutti coloro che sognano di poter dimostrare ciò che Kurz non è riuscito a dimostrare: i nazionalisti sono un pericolo per le democrazie occidentali, gli antieuropeisti non diventano europeisti per osmosi, i barbari non si possono romanizzare e i populisti antisistema che sognano di impossessarsi dell’Europa sono destinati a essere, e non necessariamente o non sempre a pagamento, i cavalli di Troia di chi punta a rendere l’Europa ogni giorno più debole. In Germania il caso Strache ha generato un grande dibattito ed è stato trasformato da tutti i partiti europeisti tedeschi in una prova ulteriore della pericolosità del sovranismo antieuropeista. Manfred Weber, candidato del Partito popolare europeo alla presidenza della Commissione europea, ha detto che il caso di Strache dimostra che “i nazionalisti non patriottici vendono i loro paesi e i loro valori”. Andrea Nahles, presidente dell’Spd, ha detto che con lo scandalo di Strache “è chiaro cosa succede a un paese quando vengono eletti dei populisti di destra”. Mentre la presidente della Cdu tedesca, la splendida Annegret Kramp-Karrenbauer, dopo aver visto il filmato di Strache, ha messo il dito nella piaga dicendo che il video dimostra che “i populisti di destra sono pronti a vendere gli interessi del loro paese a proprio vantaggio” e che “queste persone non devono assumere alcuna responsabilità in Europa”. Un paese che in teoria avrebbe bisogno urgente di discutere il significato veicolato dal fallimento del laboratorio austriaco è un’altra nazione che confina con l’Austria e che negli ultimi mesi ha avuto spesso a che fare con le pulsioni nazionaliste del suo vicino di casa. Quel paese è naturalmente l’Italia e per quanto possa essere dura da accettare per Silvio Berlusconi il flop austriaco parla anche a chi come il Cav. da tempo tenta di dimostrare l’indimostrabile: che il problema dei sovranisti alla Salvini, alla Le Pen e alla Strache non è un problema identitario ma al fondo è solo un problema di posizionamento strategico, risolvibile attraverso una romanizzazione dei barbari che passa inevitabilmente da una grande alleanza tra popolari e sovranisti. Non è così e non può essere così. La natura antieuropeista, anti integrazione, anti immigrati dei partiti populisti è un pericolo per i governi d’Europa non perché la coalizione tra destra moderata e destra nazionalista è esplosa in Austria, ma perché ciò che non è negoziabile per i partiti antisistema riguarda ciò che non è negoziabile per chi lotta ogni giorno per avere un’Europa in cui libertà dei cittadini, benessere economico, diritti civili e democrazia aperta non siano concetti in conflitto tra loro. Antonio Tajani, presidente uscente del Parlamento europeo, volto importante di Forza Italia, capolista nel centro Italia, ieri pomeriggio ha inviato ad alcuni contatti telefonici una foto romantica scattata da Matteo Salvini il 19 giugno del 2018 e condivisa lo stesso giorno sui suoi canali social. In quella foto, Matteo Salvini si trova su una terrazza romana, in un bel palazzo con vista piazza Navona, in compagnia di Strache e il tweet del Truce girato da Tajani ha questa didascalia: “Con il vicepremier austriaco, amici e alleati per difendere i nostri popoli”. Una destra presentabile, desiderosa cioè di non essere l’ancella del sovranismo, avrebbe il dovere di considerare il sovranismo antieuropeista per quello che è : un cavallo di Troia di chi punta a rendere l’Europa ogni giorno più debole. E per accorgersene non serve aspettare un video da Ibiza. Basterebbe semplicemente osservare la realtà e riconoscere che il modo migliore per essere alternativi allo sfascio antieuropeista non è fare di tutto per rendere presentabile ciò che non è presentabile ma è fare di tutto per tenerlo lontano dalla plancia di comando delle democrazie europee. Ieri pomeriggio il cancelliere austriaco Kurz ha scelto, provocando le dimissioni di tutti i ministri dell’Fpö, di licenziare il ministro dell’Interno Herbert Kickl, esponente del Fpö, per rendere possibile un’indagine senza falle sul caso Strache. Più tempo ci metterà Berlusconi a licenziare dalla sua coalizione di governo il nazionalismo di un altro ministro dell’Interno e più tempo ci metterà il centrodestra italiano a smetterla di essere l’altra grande anomalia italiana: un’opposizione che fa opposizione promettendo di allearsi allo stesso partito a cui oggi fa opposizione. Strache, ma vero.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.