Questo calcio femminile È un affare Sogno e business. Sponsor, tv, giornali, grandi club, Fifa e Uefa: tutti investono nella nuova bolla

    C'è un calcio che cresce vertiginosamente e non è quello di cui si discute amabilmente al bar ogni mattino. Non ancora, almeno. Nell'ultimo anno anche i più tradizionalisti e scettici si sono accorti dell'ascesa di quello che gli aristocratici del pallone chiamano “Pink Football”. Inglese più che opportuno quando si parla di uno sport che affonda le sue radici nel Regno Unito. Potevano le società britanniche non cavalcare un'onda la cui crescita in effetti fa spavento? Ovviamente no. Lo rivelano – manco a dirlo – il numero di giocatrici attive, la forza dei club, le strutture e gli investimenti che proliferano come bambù in Inghilterra. Seguono quelle di Stati Uniti, Francia, Germania, Brasile, Messico e Olanda. Tutto uguale al calcio degli uomini, non fosse per l'assenza spiazzante di Italia e Spagna. Carenza che riflette il passato recente dei grandi club. Incredibile, giusto per mettere le cose in chiaro, notare che il Real Madrid (club col fatturato più alto d'Europa) non disponga ancora di una prima squadra femminile. Detto che con ogni probabilità arriverà molto presto, c'è una vasta selezione di società europee che invece ha intuito in anticipo tempi, direzione e punti di forza della nuova e strabiliante giostra. Più investimenti vuol dire più visibilità che, a sua volta, vuol dire più interesse e, quindi, più fan su scala globale. Equazione scientifica. Stiamo parlando di un meccanismo che, una volta raggiunta la velocità ideale, arriverà a coinvolgere un numero talmente largo di player da diventare praticamente inarrestabile. E quando viaggi con i mezzi di Fifa (500 milioni di dollari per i prossimi quattro anni volti a finanziare programmi di sviluppo, Mondiali e competizioni giovanili) e Uefa (nel 2016 aumentati del 50 per cento i fondi di sviluppo e favorito linee di sponsorizzazioni indipendenti dal calcio maschile), ecco che in ogni semaforo scatta finalmente il verde. Chi è rimasto immobile a contemplare la genesi di un corpo celeste quasi inesplorato, meglio che spinga sull'acceleratore. Come in Italia, da quattro anni a questa parte, fa la Figc. Nel biennio 2015-'17, il governo Tavecchio decide di sterzare: nasce prima l'obbligo di sviluppo graduale di un settore giovanile femminile per le società professionistiche maschili, poi la possibilità di cessione del titolo sportivo al fine di incentivare i club a scommettere seriamente sulle donne. “Perciò noi rileviamo il titolo del Cuneo – spiega al Foglio Sportivo Stefano Braghin, dg Juventus Women – La Figc dà il calcio d'inizio, sdoganando un mondo intero. In quel biennio, chi lavora in Federazione, si rende evidentemente protagonista di un grande lavoro”. Già perché non è casuale il cambio di passo negli ultimi anni. Il Milan imita i bianconeri e acquisisce il marchio del Brescia. La Fiorentina, già in vita dal 2015, avanza ulteriormente, l'Inter sceglie di partire dalla B e in un amen eccola nella massima serie. Le parti in gioco iniziano a convergere, Nyon è presente e spinge, bastano pochi interventi e la bolla diventa enorme. Vuoi che i media si perdano lo spettacolo? Macché. La scorsa estate Sky Sport scommette sulla Serie A rosa e regala totale visibilità a un prodotto per qualcuno oscuro. Un passo decisivo verso un mercato che brilla come l'oro e che promette oro a chi sceglie di accompagnarlo per un periodo medio-lungo. La tv di Comcast ne comprende il valore prima di ogni altro, accaparrandosi pure Coppa Italia, Supercoppa Italiana e Mondiali di Francia. Perché se le ragazze in pantaloncini e tacchetti non le mostri al mondo, come fai a innamorartene come al 2-1 di Bonansea nella gara d'esordio contro l'Australia (4,6 per cento di share)? All'improvviso ci si sente italiani. L'orizzonte anzi si allarga, perché sai quante storie da raccontare, quanto passato da spolverare, quanto senso di colpa per non aver considerato football anche questo? Diverso, sia chiaro, ma potenzialmente altrettanto appassionante. Per i media dell'intero pianeta è un assist gigantesco: in Brasile Globo per la prima volta trasmette le partite della Seleção gratuitamente, in Inghilterra la Bbc dona copertura totale in prima serata a tutti i match del Mondiale che, mai come prima, diventa vetrina brillante, romantica, sincera. A tal punto da catturare l'attenzione dei big del calcio maschile. Prendiamo CR7, sempre più convinto di voler mettere in piedi una nuova serie tv sul pallone rosa. Un treno inarrestabile destinato a correre forte. Benefici che pure abbracciano gli stadi, perché se ami il Milan, o il Manchester United o, ancora, il PSG, lo fai a prescindere da chi vedi sudare sul rettangolo verde. È un richiamo fortissimo. Il record di affluenza in un singolo match è stato registrato in Spagna, in Primera División Femenina, lo scorso marzo durante Atletico-Barcellona (60.739). In Italia, nello stesso periodo, lo Stadium di Torino vibrava con oltre 39 mila spettatori per Juve-Fiorentina. Mai prima in Italia si era visto nulla di simile. “Vedere così tanta gente deve essere una cosa normale – continua Braghin – La via è lunga, ma meno di quanto si pensi perché il calcio è uno, il gioco è quello, la passione è la stessa”. Lo guardi, lo apprezzi, ne parli. E dove se non sui social, per di più con un Mondiale in corso. Negli Stati Uniti il 58 per cento delle persone che parlano della Nazionale Femminile di calcio su Facebook sono donne (il 60 per cento su Instagram), in Germania il 54, nel Regno Unito il 44, in Francia il 38. La tendenza pare abbastanza chiara, ma è destinata pure qui a uniformarsi. Di uomini online post Italia-Australia ce n'era una pletora. Le Azzurre ti portano dentro. Secondo Nielsen Sports, il 40 per cento dei nati in paesi rappresentati da una Nazionale sono interessati al calcio femminile. Ci abituiamo rapidamente per inseguire un trend ormai planetario. Sono circa 314 milioni le persone globalmente coinvolte dal fenomeno (54 per cento uomini e il 46 donne con il 28 per cento di età compresa tra i 25 e i 34 anni).