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Come sarà il nostro futuro tecno-distopico? Lezioni dal lockdown di Shanghai 

Verdure ammuffite, altoparlanti, mugugni tra la gente. La noia e la censura del regime. Diario del long Covid cinese

Non credevo che vivere la storia potesse essere così noioso”. Così inizia il diario di Don Weinland da una Shanghai sigillata a causa del lockdown indetto dalle autorità cinesi a fine marzo per contrastare la diffusione della variante Omicron. Il giornalista vive recluso nella sua stanza d’albergo, e viene esposto alle informazioni parziali e fuorvianti della propaganda cinese. “Ogni informazione che puoi verificare con i tuoi occhi diventa vitale”, che si tratti del numero di macchine per strada o della densità dello smog – piccoli segnali di traffico umano e attività economica. I censori del regime hanno rimosso la parola “Shanghai” dai motori di ricerca, come a voler fingere che la città infestata dal Covid non esista più. 

 

“L’esperienza di Shanghai può offrire un indizio a chiunque si domanda che forma potrà mai avere un futuro distopico”, scrive Weinland. Partiamo dalla cosa più importante: procurarsi il cibo. Si aspetta ore per fare la spesa dall’app; si compete con decine di migliaia di persone che provano a comprare le stesse, piccole quantità di cibo contemporaneamente. I più veloci a scrivere e a rinfrescare lo schermo del cellulare riescono a ordinare le provviste. Però, spesso e volentieri, quando il cibo arriva è già andato a male. Ovviamente, aggiunge il giornalista, le regole non si applicano alla nomenclatura di partito che non sa nemmeno come funziona questo sistema. 

 

Le autorità di Shanghai si compiacciono dei propri metodi di controllo: ad esempio, gli altoparlanti che veicolano i messaggi per i reclusi. Ma il governo non sembra cogliere la rabbia popolare verso questa situazione. Un albergatore di Shanghai dice che il problema “non è il Covid, ma la politica del governo”. Il lockdown è stato annunciato con pochissimo preavviso; senza considerare l’impatto sugli anziani, i disabili, le donne incinte e i malati.

 

Molte persone con patologie pregresse sono morte perché non hanno avuto accesso alle cure, ma l’unica preoccupazione del governo è stata quella di limitare le morti da Covid. E questo non va giù a molti residenti di Shanghai, che invece vedono l’approccio occidentale di convivenza con il virus come la strada da seguire. Le tensioni tra Shanghai e il resto della Cina sono sempre esistite. Molti abitanti della città si credono più cosmopoliti e sofisticati rispetto al resto del paese, e il lockdown imposto da Pechino non ha fatto altro che alimentare questo sentimento.

 

Nella città è emersa una contronarrativa. Un rapper di Shanghai chiamato Astro ha fatto uscire su YouTube una canzone intitolata “Nuovo Schiavo”, in cui nota che “a coloro in uniforme interessa solamente la propria carriera e non gliene frega nulla della vita e della dignità”. Il governo usa il pugno duro contro i dissidenti; la polizia bussa alla porta di chi si lamenta su Twitter, e ai pazienti nei centri Covid non viene permesso di pubblicare foto delle aree circostanti. “Ma tra la nebbia perpetua del long Covid cinese, inizia a emergere un’immagine più chiara del lockdown a Shanghai”.

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