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Un Foglio internazionale

Ucraina, il dilemma dell'intervento: Nato, che fare?

Agire per motivi umanitari e pragmatici oppure no, perché la tragedia di un paese diventerebbe tragedia globale. Un confronto sul Financial Times

“Caro Gideon, lentamente e dolorosamente sto arrivando alla conclusione che la Nato deve essere pronta a combattere”. Così inizia lo scambio tra due firme di punta del Financial Times: Gideon Rachman e Martin Wolf. “C’è un’ovvia ragione umanitaria per farlo – prosegue Wolf – sappiamo molto bene come combatte le guerre Vladimir Putin, lo abbiamo visto a Grozny e ad Aleppo. Le aggressioni contro donne, bambini, ospedali e altri obiettivi civili non sono una casualità. Sono l’obiettivo. Il suo modus operandi è quello di distruggere il morale dei suoi nemici dimostrandosi spietato. Ci sono dei motivi più pragmatici per agire. Alla fine lui sicuramente costringerà gli ucraini alla sconfitta polverizzandoli. Ricordati che Putin vede Stalin come un eroe. Sappiamo quanti milioni di persone ha ucciso Stalin. Che impressione darà l’occidente se si limiterà a guardare l’annientamento di un paese che ha messo a rischio il proprio futuro per diventare parte del nostro sistema e affrancare i nostri valori? Le sanzioni lo indurranno a fermare la guerra o ad andare anche oltre? No, le sanzioni non stanno distruggendo Putin e i suoi sostenitori. Stanno distruggendo la classe media e alta russa, che è la parte più filo occidentale e anti putiniana della popolazione. Va bene, la Russia sarà molto più povera. Ma, date le sue grandi risorse naturali, i suoi legami con la Cina e con il resto del mondo, oltre al crescente totalitarismo del regime, sarà sicuramente in grado di sopravvivere a un’economia da guerra”. 

Wolf riconosce che un intervento Nato può portare a una guerra nucleare anche se dubita che un uomo paranoico come Putin – che siede a sei metri di distanza dai suoi consiglieri per paura di contrarre il Covid – sia disposto a morire. “Ma soprattutto, provare a minimizzare il rischio non lo elimina”. Wolf teme che se Putin vincesse questa guerra potrebbe aggredire i paesi baltici in futuro. A quel punto, le minacce dell’occidente di usare le armi nucleari non sortirebbero alcun effetto, perché verrebbero lette come un bluff: “Putin crederà che la superiorità militare convenzionale sarà sufficiente a vincere. A quel punto, dove si fermerebbe?”. 

Gideon Rachman prende la posizione opposta: un intervento della Nato sarebbe un errore di proporzioni storiche. “Caro Martin, non sono d’accordo. Credo che un coinvolgimento Nato trasformerebbe la tragedia dell’Ucraina in una tragedia globale. Biden ha detto che significherebbe la terza guerra mondiale, e ha ragione. Siamo riusciti a terminare la Guerra fredda senza che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica si scontrassero sul campo di battaglia. E questo è successo per una ragione precisa. Le leadership di entrambi i paesi capivano i rischi dell’escalation e della guerra nucleare. La generazione attuale di leader occidentali dovrebbe dimostrare la stessa saggezza. Non scrivo questo a cuor leggero. Gli eventi in Ucraina sono deplorevoli. I riferimenti di Putin alle armi nucleari sono una chiara minaccia. Tu sostieni che lui stia bluffando. Forse hai ragione, ma io non sono disposto a prendermi il rischio. La dottrina militare russa ritiene che l’uso di armi tattiche nucleari sia necessario qualora la Russia stia perdendo una guerra convenzionale e la tenuta dello stato sia a rischio. Penso che Putin e le persone a lui vicine credano che una sconfitta a opera della Nato soddisfi questi criteri. Loro saprebbero anche che, personalmente, non avrebbero alcun futuro se la Russia perdesse la guerra contro la Nato. In queste circostanze perché non scommettere sull’uso di armi nucleari come tattica d’urto?”. 

Rachman spiega che andare incontro a una “guerra nucleare limitata” è molto difficile in pratica. Se viene rotto questo tabù la situazione può precipitare rapidamente. E anche la guerra convenzionale tra la Russia e la Nato sarebbe pericolosa. Come si concluderebbe? Con la resa dell’esercito russo? Con l’invasione di Mosca? Infine il commentatore respinge la seguente obiezione di Wolf: “Se Putin vince la guerra, rischiamo di doverne combattere un’altra in futuro”. L’invasione russa non sta andando secondo i suoi piani. E’ già molto difficile conquistare l’Ucraina, figurarsi i paesi baltici o la Polonia. “Se succedesse questo, saremmo realmente nella terza guerra mondiale. Ma facciamo il possibile per evitare quel conflitto, anziché andargli incontro”.

Martin Wolf risponde a sua volta sostenendo che questi timori “non sono risolutivi. I motivi per non combattere ora sono essenzialmente le ragioni per cui ogni persona ragionevole non vorrebbe intervenire in Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia o in qualunque altro paese. Se la possibilità di una terza guerra mondiale è una preoccupazione così debilitante, come può essere credibile la premessa della Nato? La sua efficacia è sempre dipesa dal fatto che sia disposta a prendersi il rischio di una guerra nucleare. La domanda è se la scomparsa dell’Ucraina, che non è ancora avvenuta, ma resta una possibilità, potrebbe essere il casus belli”. 

Wolf crede anche che l’occidente sia in parte responsabile di ciò che succede in Ucraina. La Nato aveva indicato che l’Ucraina sarebbe presto diventata un membro dell’alleanza, una promessa che ha indotto Putin a sferrare un attacco militare preventivo. Secondo Wolf, l’occidente non ha alcun obbligo formale per fornire aiuto militare all’Ucraina, ma ha una “responsabilità morale” per prevenire lo sterminio di un popolo e di un paese che desideravano solamente essere europei, ovvero “vivere come uomini e donne libere in un paese democratico, non come servi dei gangster che governano il Cremlino”. 


“Non dico che dobbiamo intervenire militarmente oggi – continua Wolf –. Sarei soddisfatto sei i nostri leader dicessero chiaramente a Putin che non permetteremo l’annientamento del popolo ucraino e non lasceremo che le loro aspirazioni di libertà restino ostaggio del Cremlino. Così facendo, correremo un rischio. Ma correremo un rischio a interagire con il regime di Putin finché esisterà, a meno che non saremo sempre disposti a dargli tutto ciò che chiede. Dobbiamo irrigidire i muscoli ora. La prossima volta, quando arriverà, potrebbe rivelarsi molto più difficile”.

 

Nella sua controreplica, Rachman ribadisce di essere in disaccordo con le conclusioni di Wolf e si concentra su tre elementi: moralità, deterrenza nucleare e importanza della chiarezza. “Tu dici che abbiamo un obbligo morale a combattere per l’Ucraina. Ma io metterei in dubbio la moralità di ogni decisione che aumenta notevolmente le possibilità di una guerra nucleare. Tu suggerisci che se non siamo disposti a rischiare la guerra nucleare sull’Ucraina, questo minerebbe la credibilità della deterrenza nucleare della Nato; quando potremmo mai usare le armi nucleari? La risposta è sempre stata che la Nato userà questi strumenti se e quando verrà attaccato un altro membro dell’alleanza. Non prima. Certo, i russi potrebbero dubitare della nostra volontà a usare queste armi. Ma la possibilità che vengano utilizzate – assieme alla garanzia Nato della mutua difesa – resta una parte centrale della deterrenza occidentale. Infine, tu indichi che noi dovremmo dire a Putin che non permetteremo l’annientamento dell’Ucraina. Io starei alla larga da vaghe minacce ed esortazioni. Cosa significa ‘non permetteremo’? Cosa significa ‘l’annientamento’? Dobbiamo essere molto chiari su ciò che faremo e sulle circostanze in cui lo faremo. Altrimenti, rischiamo solamente di perdere credibilità. E’ la chiarezza dell’articolo 5 della Nato a dare forza all’alleanza. Ma terminiamo concordando su un punto. Noi dobbiamo ‘irrigidire i muscoli’. Più spese militari; più truppe all’Europa centrale; più sanzioni contro la Russia; e l’accessione alla Nato per Svezia e Finlandia, se lo vorranno. Ma un intervento militare in Ucraina, quello penso di no”.

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)
 

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