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Un Foglio internazionale

Fate figli, il mondo è bello

Sullo Spectator Madeleine Kearns contro l’eco-pessimismo della generazione più fortunata della storia e benedetta dal progresso, ma che si è messa in testa di scomparire

"Per gran parte del secolo scorso, la gente aveva un buon motivo per chiedersi se avesse senso fare figli. Milioni di giovani erano morti o erano stati feriti nelle trincee, e poi è arrivato il rischio di essere polverizzati dalla bomba atomica. Ciò nonostante, le donne e gli uomini hanno continuato a fare figli e dopo entrambe le guerre mondiali c’è stato un boom delle nascite”. Così inizia l’articolo di copertina dello Spectator a firma di Madeleine Kearns. “Per qualche motivo, oggi abbiamo smarrito questa prospettiva. All’epoca, nel Ventesimo secolo, le scuole insegnavano ai giovani a stare tranquilli e andare avanti (keep calm and carry on, ndt). Oggi, gli stiamo insegnando a entrare nel panico. L’enfasi incessante sul cambiamento climatico, che doveva persuadere le persone a prendere sul serio l’ambiente, ha invece creato una cultura della disperazione. Le donne e gli uomini che avrebbero potuto mettere su famiglia sono preoccupati dagli effetti degli umani sull’ambiente al punto da non capire che non c’è mai stato un momento migliore per fare figli.

Il crollo dei tassi di nascita è, soprattutto, un segno che un paese sta diventando più ricco: quando aumentano gli stipendi, tendono a diminuire le dimensioni dei nuclei familiari. Tuttavia, gli accademici hanno identificato una nuova ragione per la crisi demografica in occidente: ‘l’ansia climatica’. Un sondaggio globale tra i giovani uscito il mese scorso sulla rivista Lancet mostra che il 39 per cento sono ‘esitanti a fare figli’, a causa del cambiamento climatico. Quella che un tempo veniva vista come una preoccupazione di nicchia è oggi diventato un fattore cruciale nella demografia globale. 

La tragedia è che i timori di questa generazione sono per lo più infondati. I bambini nati oggi vivono delle vite più lunghe e migliori rispetto alle generazioni precedenti. Avranno un’istruzione migliore e meno problemi di salute, e faranno dei lavori più gratificanti di ciò che i loro avi potevano sognare. Solo un secolo fa, un terzo dei bambini non arrivavano al quinto compleanno. Oggi l’indice di mortalità infantile globale è pari al quattro per cento. I genitori trascorrono il doppio del tempo con i propri figli rispetto a cinquant’anni fa, e la qualità dell’aria non è mai stata così buona. E’ facile perdere di vista questo progresso quando l’attenzione del governo è focalizzata sugli orrori che ci aspettano in futuro. Ho fatto la maestra in Scozia, dove fino a poco tempo fa gli studenti venivano spronati a studiare gli effetti positivi del cambiamento climatico come esercizio di pensiero critico (…) Dopo le proteste dell’opinione pubblica e dei politici, questo esercizio è stato rimosso dal programma”. 

L’autrice si sofferma sul sesto rapporto dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, che è stato descritto dal segretario generale dell’Onu come un “codice rosso” per l’umanità (…) “Se le cose vanno per il peggio, milioni di persone (la maggior parte delle quali sono povere) moriranno prematuramente, e ci saranno grandi disastri e devastazioni. Sicuramente questa può essere descritta come una catastrofe imminente o una crisi. Ma anche se dovesse succedere, non sarebbe – e su questo gli scienziati sono d’accordo – una minaccia esistenziale alla civiltà. Nei documenti dell’Ipcc è difficile trovare delle previsioni secondo cui il mondo diventerà un luogo troppo pericoloso per crescere i propri figli. 

Per mantenere un po’ di prospettiva, pensate a quanto doveva essere brutale la vita della maggior parte dei nostri antenati. Prima del ventesimo secolo, quasi nessuno si aspettava di vivere fino a tarda età. Quasi tutti, arrivati ai vent’anni, avevano visto un proprio fratello o un genitore morire. 

Le donne erano fortunate se venivano istruite, e ancora più fortunate se avevano una voce in capitolo nella scelta del loro marito. Milioni di persone venivano schiavizzate, e altrettante venivano spazzate via da pesti, carestie, guerre e malattie.

C’era tutto questo senza avere le tecnologie infinite e gli agi di cui godiamo oggi. Tuttavia, chi è venuto prima di noi non si è arreso, visto che siamo tutti qui. 

Ciò che davvero metterebbe in pericolo la sopravvivenza della nostra specie è se smettessimo di riprodurci. Per quanto bizzarro, molti offrono questo come loro contributo personale alla causa. Quando il principe Harry e Meghan hanno promesso di limitarsi a due figli – per non gravare sul pianeta – stavamo solamente seguendo una lista di personaggi famosi (tra cui la deputata Alexandria Ocasio-Cortez) che parlavano come se l’umanità fosse il problema e il mondo del futuro sarebbe stato un luogo troppo pericoloso in cui vivere. Ciò che è davvero strano di questo eco-pessimismo è che i fautori di queste teorie non si trovano nell’Africa sub-sahariana, i cui abitanti devono scontare le conseguenze più acute del cambiamento climatico, ma nei luoghi più ricchi al mondo e nel momento migliore in cui essere vivi. Questa è un’epoca in cui le più grandi minacce per la società sono un basso indice di natalità, una demografia sbilanciata e una società sempre più vecchia. 

I tassi di fertilità globale stanno calando, non crescendo. Mentre i paesi invecchiano, il numero di donne nella forza lavoro tende ad aumentare e il nucleo familiare tende a restringersi. La popolazione globale dovrebbe raggiungere il suo picco nel 2064, secondo il Lancet, quindi potrebbero restarci pochi decenni di crescita nella popolazione. L’Europa, il Nord America e la Cina già si trovano di fronte una mancanza di neonati. Il Partito comunista cinese ha abbandonato la famosa politica del figlio unico e sta spronando le famiglie a fare tre figli. Ma pare che le donne cinesi non abbiano alcuna fretta di obbedire al diktat. 

La chiave per navigare tra le difficoltà poste dal cambiamento climatico è la sobrietà.

Se i nostri bambini possono aspettarsi un futuro più luminoso, noi possiamo – e dobbiamo – fare molto per aiutare chi verrà colpito più degli altri. Chi vive nel mondo sviluppato è tra le persone più fortunate ad avere mai vissuto – e ci sono buone possibilità che la generazione che verrà dopo di noi sarà ancora più fortunata”.

 

(Traduzione di Gregorio Sorgi)

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