Foto LaPresse/Federico Bernini

Zingales folie

Renzo Rosati

Il maître à penser del peronismo anti-euro avvia sul Sole 24 Ore un personale dibattito sull’Italexit

Roma. Luigi Zingales, l’economista della Chicago Booth School of Economics che Beppe Grillo vuole arruolare tra i maître à penser del peronismo anti-euro, facendo circolare l’idea che concorra alle primarie da ministro con personalità tipo Alberto Bagnai, Alberto Galloni e Marcello Minenna (quest’ultimo nonostante il licenziamento da assessore di Virginia Raggi). Zingales che finora un po’ si è schermito un po’ ha ricambiato – sul blog del capo è tuttora in evidenza un suo contributo video-testo dal titolo “Europa o no” nel quale il No si limita al trascurabile dubbio su “uscita unilaterale o divorzio consensuale”. Insomma l’ex enfant prodige bocconiano che nel 2011 dette una mano alla prima Leopolda renziana, sul Sole 24 Ore della domenica di Pasqua ha deciso di illuminare il dibattito sull’Italexit. Fornendogli la dignità accademica e le regole di cui a suo unico giudizio c’è bisogno. Regole da Zingales stesso stabilite e, come informa, iniziativa in accordo con il direttore. E dunque: “Correttezza formale. Non si accettano attacchi personali o insulti. Correttezza sostanziale. Ogni affermazione va giustificata con una referenza accademica (in nota). Dividere il dibattito per argomenti”.

 

Anche gli argomenti li ha già decisi Zingales, e sottodivisi per “aspetti”, e così la cronologia degli stessi. “Primo, se nel lungo periodo è preferibile per un paese come l’Italia avere una moneta comune con il resto del (nord) Europa”. E pure il début è prestabilito, “John Cochrane, senior fellow alla Hoover Insitution dell’Università di Stanford”. Quanto all’invio dei contributi “qualificati”: all’indirizzo email di Zingales alla Chicago Booth e a “dibattitoeuro” del quotidiano confindustriale. Ordine del giorno e titolati a parlare un po’ da Politburò, mentre la messaggistica è già vagamente grillina: il coordinatore viene prima (ma uno vale uno). Zingales prevede che nel prossimo parlamento gli euroscettici siano in maggioranza, e quindi “una nostra uscita unilaterale dall’euro non è più un’ipotesi remota ma una possibilità seria che va discussa con altrettanta serietà”. Da qui regole, misure del campo, pallone, arbitro e guardialinee, e squadre ammesse al gioco. Singolare, visto che il 26 marzo proprio Zingales aveva scritto sul 24 Ore che il problema non sono i movimenti populisti ma quelli “che occupano le stanze del potere europeo impedendo al consenso popolare di esprimersi nelle forme tradizionali”. Sulle stesse colonne gli aveva risposto Lorenzo Bini Smaghi, ex rappresentante italiano nel comitato esecutivo della Banca centrale europea, definendo “sorprendente la mancanza di rigore nell’analisi e nelle tesi”. I capi di governo del Consiglio europeo, dice Bini Smaghi, i ministri, il Parlamento europeo, sono tutti democraticamente eletti e legittimati. Dunque “la versione secondo cui l’Europa sarebbe guidata da una tecnocrazia appare ridicola quanto uno slogan elettorale. Sarei anche curioso di sapere in che modo l’Europa impedisce al consenso popolare di esprimersi nelle forme tradizionali. Significa forse che non c’è democrazia nei nostri paesi? O che i trattati europei non sono stati ratificati in modo democratico?”.

 

Magari risposte simili non vengono considerate da Zingales adeguatamente supportate “da referenza accademica”. Come gli interventi sul Corriere della Sera di Francesco Giavazzi e Alberto Alesina contro i profeti del protezionismo à la Grillo, e “i nazionalisti del Movimento 5 Stelle, che del debito non parla, come se non esistesse, e in modo sconsiderato propone l’uscita dall’euro”. In attesa del fatidico dibattito, sul blog di Beppe Grillo – lo stesso che ospita Zingales – si può leggere in data 17 aprile le meraviglie dell’Italexit pentastellata: “La nostra moneta si svaluterà verso il nuovo marco tedesco e si rivaluterà rispetto alle monete greca, spagnola e forse francese”. Per la precisione: del 2 per cento sul nuovo franco e del 4,5 sulla nuova dracma. Chi lo dice? “Un recentissimo studio della Bak of America”. E le referenze accademiche? Peccato poi che Francia, Grecia e Germania abbiano l’euro. Ancora: “La Banca d’Italia tornerà nelle mani del governo e del Parlamento vincolata a comprare i titoli di stato rifiutati dai mercati”. I grillini ignorano che questo è proibito dal 1981, mentre l’obbligo di copertura delle spese è stabilito dalla Costituzione. Ma sarà bello che i partiti decidano cosa fa la Banca d’Italia: modello Rai. E quanto al debito (in euro) da ripagare? Il blog non ne parla. Neppure in nota, direbbe Zingales.