Non esiste terza via per l'Europa
Lo scontro fra Bruxelles e i paesi dell’ex blocco sovietico. Perché l'Ue, arrivata a questo punto, sarà più forte perché non ha altra scelta. Rafforzarsi o cadere a pezzi
Quando nei libri di storia scriveranno dell’Europa all’inizio del Ventunesimo secolo, questa settimana (l’ultima di dicembre, ndr) potrebbe essere considerata importante”, ha scritto Rachel Donadio sull’Atlantic. “Questa settimana è stata la prima in cui l’Unione europea ha agito con decisione contro la Polonia, dove il governo del presidente Andrzej Duda ha una vasta maggioranza in parlamento, controlla i media nazionali ed è intento a soggiogare figure chiave del potere giudiziario a quello esecutivo. Allo stesso tempo, il paese è il principale beneficiario di finanziamenti europei tra i 27 dell’Unione: cento miliardi di euro del prossimo bilancio vengono da Bruxelles.
In Catalogna un partito unionista, Ciudadanos, guidato dalla carismatica e rassicurante Inès Arrimadas, è arrivato primo alle elezioni, con il blocco unionista al 43 per cento del voto. Gli indipendentisti, invece, hanno preso il 47 per cento, mostrando quanto la questione sia ancora altamente divisiva. In un discorso tenuto venerdì, Rajoy sembrava ridimensionato, parlando con toni più morbidi rispetto alle settimane precedenti, quando sembrava non voler neppure aprire la porta al dialogo con i separatisti. Ha detto che il suo governo era disposto a dialogare con i politici catalani, ma rimanendo in una cornice di legittimità costituzionale. Sullo sfondo, la Brexit. Quando ero a Barcellona lo scorso mese, a raccontare il movimento indipendentista, i separatisti si irritavano se paragonati alla Brexit. Gli indipendentisti catalani sono più progressisti e più borghesi dei pro-Brexit, mi dicevano. Si vedono più come la Scozia che come l’Inghilterra. A loro l’Europa piace, la Spagna no. (…) Nessun paese, però, si sta allontanando dai valori europei più velocemente della Polonia, e dell’Ungheria, dove il premier Viktor Orban ha promesso di sostenere la Polonia e bloccare qualsiasi sanzione che l’Europa dovesse imporle.
Dopo che Duda (il presidente polacco, ndr) ha dichiarato di voler andare fino in fondo con le riforme del ramo giudiziario polacco, ho chiesto a Katarzyna Kasia, professore di Filosofia all’Accademia di belle arti di Varsavia che ha partecipato alle proteste contro il governo, incluse quelle guidate dalle donne contrarie al tentativo di criminalizzare l’aborto, qual era lo stato della resistenza. ‘Sento che la disillusione sta crescendo’ mi ha detto. Ma se la Polonia fosse spinta fuori dall’Europa, se i polacchi non potessero più lavorare o studiare nel resto del continente, allora forse potrebbero rendersi conto del vero significato del progetto europeo. ‘Penso che l’Europa, arrivata a questo punto, sarà più forte perché non ha altra scelta’, mi ha detto Katarzyna Kasia. ‘Deve rafforzarsi, o cadrà a pezzi. Non c’è nessuna terza via per l’Unione europea’”.
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