fauna d'arte

"Noi siamo spazio. E l'arte è uno strumento per esplorarlo". Nello studio di Elena Mazzi

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

Ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità

Il titolo "Fauna d’arte" si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte” Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte. 

Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.


   

Nome: Elena Mazzi

Luogo e data di nascita: Reggio Emilia, 25/01/1984

Galleria di riferimenti ed eventuali contatti social: 

IG: ele_mazzi

Galleria Ex Elettrofonica, Roma IG: ex_elettrofonica

Galleria Artopia, Milano IG: ritaursoartopiagallery

   

  


     

Lo studio d'artista

    

Le immagini di questa gallery sono state scattate da Elena Mazzi all'interno del suo studio.

   


   

L'intervista

  

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

Ho sempre voluto fare l’artista, sin da quando ero bambina. Tuttavia già durante l’adolescenza mi ero resa conto che non sarebbe stato un mestiere facile, perciò ho deciso di iniziare i miei studi con una laurea triennale in storia dell’arte all'Università di Siena. Successivamente ho iniziato a lavorare presso spazi privati e museali, per poi continuare gli studi all’Università IUAV di Venezia, con il corso di laurea magistrale in “produzione e progettazione delle arti visive”. Qui, l’incontro con artisti professionisti internazionali è stato per me decisivo, e durante l’ultimo anno di formazione ho iniziato ad applicare per workshop, esperienze di residenza all’estero, premi di supporto alla ricerca e produzione.

 

Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?

Le mie giornate sono sempre molto diverse. Quando sono a Torino, dove vivo al momento, organizzo il lavoro in studio: progettazione e in certi casi produzione dell’opera (non sempre avviene in studio infatti), archivio, studio visit (incontri con curatori, giornalisti e scrittori), scrittura di bandi e testi. Ho poi giornate all’interno delle quali insegno (al momento alla NABA di Milano) o lavoro come tutor (al momento per un progetto interno al Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia), giornate di sopralluoghi per future mostre in Italia e all’estero, giornate di allestimento di mostre all’interno di musei e spazi espositivi, e giornate di ricerca, sul campo (in viaggio, spesso in periodi medio-lunghi di residenze artistiche) o presso Villa Arson a Nizza, dove sto svolgendo un dottorato pratico per artisti.

   
Che cos’è per te lo studio d’artista?

Lo studio è sia un luogo intimo che un luogo di condivisione. E’ dove il lavoro prende forma, ma è anche dove lo mostro prima e dopo averlo presentato in mostre personali e collettive. E’ il principale luogo dove penso e rifletto, ed amo averlo in casa, perchè vi posso accedere quando ne sento necessità.

   

Quale ruolo ha l’arte nel mondo di oggi?

Vedo l’arte come mezzo per esplorare il mondo che mi circonda, costituito da dinamiche sociali complesse. Credo che l’arte sia un ottimo strumento di lavoro collettivo, proprio perché libero da concetti predefiniti. Lo spazio è il luogo in cui ci muoviamo, ci incontriamo, interagiamo. Noi siamo spazio. Le nostre emozioni, paure, fragilità, tensioni, interazioni derivano soprattutto dalle conformazioni geofisiche dei luoghi in cui ci troviamo, degli ambienti che viviamo. Noi e tutti gli esseri viventi. Se l’arte è uno strumento utile ad esplorare questo spazio, è inevitabile che questo debba per forza rientrare anche nel contesto espositivo, trasformandolo.

  

In che modo lavori con le comunità locali?

Ogni progetto è uno studio del contesto specifico, non c'è una formula che vale per tutti. A seconda del trascorso di ogni luogo (e di ogni comunità che lo vive) definisco un preciso equilibrio tra discipline diverse. Ogni opera ha una sua genesi, anche se la metodologia che seguo ha una struttura ben definita. L'esperienza personale è una parte fondamentale, che però cerco sempre di restituire a un gruppo allargato di persone. Nella fase iniziale, passo molto tempo in ascolto e osservazione delle persone che vivono il luogo all’interno del quale sto operando. Trovo che sia inoltre doveroso partire da ricerche condotte da chi, prima di me, si è avvicinato a temi di mio interesse, o di interesse collettivo. Le fonti sono quindi un ottimo punto di partenza, che però devono per me sempre essere complementari a uno sguardo personale e intimo, da sviluppare attraverso l’esplorazione diretta.

 

A quali artisti ti ispiri?

A partire dagli anni in cui studiavo a Venezia ho avuto modo di incontrare artisti di diversa generazione, alcuni dei quali sono stati miei insegnanti; alcuni di questi hanno sicuramente influito sul mio lavoro, in primis Marjetica Potrč ed Antoni Muntadas. A distanza di qualche anno ho avuto l’opportunità di lavorare come assistente per l’artista americana Joan Jonas. Da lei ho imparato molto, e ancora continuo a farlo. Altri artisti a cui sono ispirata sono sicuramente Alfredo Jaar, Walid Raad, Pierre Huyghe.

 

Come integri l’arte con altre discipline, quali la scienza e l’antropologia?

Credo che l’arte possa avere un ruolo fondamentale nella sfera personale e socio-politica di ognuno di noi. Guardiamo all’arte in funzione delle nostre sensibilità, necessità. Confrontarmi con altre discipline è prima di tutto una mia curiosità, una mia necessità di allargare il discorso artistico e di trovare punti in comune con altri sguardi. L’antropologia è molto vicina a me nella fase iniziale di ricerca, durante i lunghi momenti di osservazione e ascolto, mentre la scienza la sento vicina per quella tensione nel tentare di dare forma a qualcosa che ancora non c’è.

  

A che cosa stai lavorando?

Sto preparando una mostra personale presso Building BOX a Milano che inaugurerà in concomitanza con Miart ed un’altra personale all’estero curata da Ilaria Bernardi. Sto lavorando a una pubblicazione del progetto PAROLE PAROLE PAROLE sviluppato con il comune di Reggio Emilia e Centro Antiviolenza – Casa delle Donne gestito dall’Associazione Nondasola, e a breve inizierò a lavorare a un’ulteriore pubblicazione del mio lavoro grazie alla vincita del premio Colophonarte. A maggio sarò in residenza presso Saari residency in Finlandia, per proseguire le mie ricerche di dottorato pratico presso Villa Arson di Nizza.


   

Le immagini

 

“Immàginati: è come un cimitero sotto vetro invece che sotto terra. Dappertutto reliquie di gente conquistata. Una storia impagliata”. (estratto dei dialoghi audio di SILVER RIGHTS, scritti con Eduardo Molinari ed Enrica Camporesi).

  

   

SILVER RIGHTS, in dialogo con Mauro Millan e Eduardo Molinari, installazione, materiali vari, 2021. Ph: Tiberio Sorvillo
Courtesy l’artista e Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Progetto supportato da Italian Council, Direzione Generale Creatività Contemporanea

   

Chi sei? Che cerchi in questi luoghi dove la tua specie era incognita? (citazione di Dialogo tra un islandese e la Natura di Giacomo Leopardi, incluso nel video The upcoming Polar Silk Road)

 

Courtesy l’artista e Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina - Museo Madre

Progetto supportato da Cantica21, Italian Contemporary Art Everywhere – Over 35 Section (MAECI- DGSP/MiC-DGCC, 2020)

  

Anche le spugne hanno uno scheletro, lo sapevi?

   
Spicule, installazione composta da quattro sculture in pietra, telescopio nautico, boa di vetro, dimensioni variabili, 2020
Courtesy l’artista e Fondazione Elpis
Progetto commissionato e prodotto da Fondazione Elpis per Una boccata d’arte
Foto: Susanna Manuele

    

Il restauratore, con le sue mani delicate, mi raccontava storie terribili della mitologia classica: Danae, Callisto, Leda, Europa, Aretusa, Ganimede, Elettra, … Mentre lavorava e aggiustava quei gusci così candidi e innocenti, descriveva corpi molto diversi: pulsanti, color del vino o lividi. Vivi, in ogni caso. Ma rapiti, violati, trasformati. Eppure io quella violenza non l’avevo mai notata prima, in quelle sale sontuose, tra quei busti impettiti.
(Estratto del testo presente nel video, scritto insieme a Enrica Camporesi)

 

  

Muse, still da video, 2020
Courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica
Progetto commissionato e prodotto da Fondazione In Between Art Film

 

I cani di Pompei, un tempo fedeli custodi della casa, oggi fedeli custodi della memoria di tutte le persone che hanno contribuito a rendere Pompei ciò che è oggi: un tesoro contemporaneo, vivido, pulsante.

   

​​The School of Pompeii, 5 fotografie 100 x 100 cm, 5 testi, 2019

Courtesy l’artista

 

Una piscina scavata in una montagna per insegnare alla gente del villaggio a nuotare.

Encounters, still da video, 2021
Courtesy l’artista

  

Le energie che questi materiali esprimono: la forza e la fragilità, la liquidità e la potenza

   

Becoming with and unbecoming with, argento, vetro di Murano, dimensioni variabili, 2018 – 2020
Courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica
Foto: Daniele Alef Grillo

   

Una costellazione di vertebre in un paesaggio preistorico.

 

   

Self portrait with a whale backpack, stampa fine art su dibond, 66x100 cm, 2018

Courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica
    

“Le cartine più si fanno reali, meno sono vere”. (T. Salih, Season of migration to the North)

  

En route to the South, in collaborazione con Rosario Sorbello, 6 telaietti da apicoltura, cera, legno, ferro, ognuno 47×30 cm, 2015
Foto: Michele Alberto Sereni

   

Una riflessione sulla “teoria delle fratture” del fisico Bruno Giorgini a partire dal vulcano Etna.

Fractures, 18 stampe da fotoincisione, polvere di lava, inchiostro, 2016
Courtesy l’artista e galleria Ex Elettrofonica
Foto: Marco Di Giuseppe

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