Giuliano Andreotti con la moglie Livia Danese (LaPresse)

Il Figlio

“Cara Liviuccia". Le lettere alla moglie di Giulio Andreotti

Ora bilancio il vino del pomeriggio con un buon latte e vado a dormire, baci, Giulio. Pubblichiamo uno stralcio del libro edito da Solferino

Cara moglie, ieri sera il mio proposito di non far tardi è completamente naufragato dinanzi a un programma intensissimo, ma – ed è il lato buono – politicamente utile. Vado in ordine. Al mattino normale vita d’ufficio, conclusa con una colazione qui stesso. Riposo in casa dalle 14 alle 16, intramezzato da una telefonata del vecchio principe Aldobrandini per invitarmi a pranzo mercoledì in casa loro a Frascati. Alle 4 è venuto Bernabei a prendermi, avendo come prima tappa l’OASI, cioè il centro di rieducazione dei grandi invalidi di guerra paraplegici. Oggi partiva la rappresentanza per le speciali Olimpiadi in carrozzetta che si tengono a Londra e desideravano un saluto. Un’ora di mestizia, rotta solo dal conforto di vederli riconquistati alla vita, anche psicologicamente. Alle 18.45 ero a Terracina per la processione a mare: una ventina di pescherecci, tutti illuminati e imbandierati. Con il vescovo abbiamo preso posto sulla “ammiraglia” insieme alla statua e alla reliquia della Madonna del Carmine. Al rientro era già buio e lo spettacolo era davvero suggestivo. 

 

Una nota non liturgica l’ha portata il tonfo in acqua del sen. Battista, che fortunatamente ha casa a Terracina ed è potuto correre subito a cambiarsi. Ne aveva bisogno. Se fosse capitato a me sarei stato in grave imbarazzo per il guardaroba. Fuochi d’artificio hanno salutato la processione e illuminato Battista, lucido come il Calibano di Shakespeare. Via per Minturno, con sosta a Sperlonga a bere con il prefetto una Coca-Cola. Il teatro romano è bello e l’Ifigenia in Aulide è stata data molto bene. C’era un po’ di umidità. Alle 24 tutta la tribù (395 persone) si è trasferita a Formia per l’inaugurazione del circolo nautico retto dal direttore generale del Tesoro Stammati. Pranzo all’aperto per tutti con tavole piccole circolari e poltroncine rosse. Servizio di Berardo di Roma: prosciutto e melone, aragoste, piatto di carni fredde, torta gelata, frutta, caffè. Alle 2 ci sono stati i fuochi e subito dopo (eravamo sul molo tra torcieri a olio e riflettori) un chitarrista che pare molto noto è comparso su una barca per cantare. Si sentiva poco e dal suo tavolo gli gridavano di attraccare. Sembrava una parodia della Gioconda. Come Iddio ha voluto alle 2.30 sono potuto partire. Due ore dopo, mentre albeggiava e la Suore iniziavano i primi rumori, ero in convento. Ho dormito fino alle 8.30 e sono poi andato a Messa a S. Bernardo. Ora eccomi qui. Alle 13 farò colazione dalle Suore e riprenderò a dormire fino alle 17. Ciao. Spero domenica prossima al più tardi di essere con voi. Risponderò domani ai bambini. Baci 

 

Ore 23.30 
Cara Livia, scrivo un poco stasera concludendo così una calma domenica d’estate. Come ti ho scritto sono rientrato a Roma alle 4.30 e più tardi ancora sarebbe stato se a un certo momento Tremelloni ed io non ci fossimo alzati di prepotenza. Dopo la Messa a S. Bernardo sono stato in ufficio sino alle 13. Colazione qui a Priscilla con don Conte. Alle 2.40 mi sono ritirato in torre ed ho dormito due ore. Angelilli e Caroli mi hanno scortato a Montefiascone, dove c’era gran folla. Ho parlato sul vino, concludendo: “I vini non si illustrano, si bevono”. Ed ho dato il buon esempio assaggiandone cinque qualità. Dopo un ricevimento sulla Rocca, son rientrato a Roma, venendo direttamente a Priscilla nonostante l’attrazione del Premio Australia e gli inviti di Delleani e Ungaro. Sono arrivato qui un’ora fa, alle 22.30, e ho letto giornali e carte. Ora bilancio il vino del pomeriggio con un buon latte e vado a dormire. Sono proprio una specie di cappellano, ormai. Ora ho sonno. Ciao. Buona notte

  
Giulio

 

Giulio Andreotti, “Cara Liviuccia. Lettere alla moglie” (Solferino)
Introduzione di Giuseppe De Rita
Collana diretta da Massimo Franco

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