Il figlio
Qualcosa non va, quindi quest'estate è meglio dire quasi sempre sì
I buchi nelle orecchie, i cavalli, la luna piena, i falò, le notti in tenda. Neanche un “no”
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Le occasioni mancate e questa nuova vita, in cui si può ancora aspettare
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La pandemia, ballare sul precipizio come negli anni Venti, e lavarsi bene le mani
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Ca-ca-caffè. Storia della mia balbuzie
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Il Covid e l'amore
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Mio figlio è andato via di casa. Lo scrivo sulla maglietta o aspetto che torni da me?
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Era meglio prima?
Da qualche giorno sento che c’è qualcosa che non va. Ma non voglio ammetterlo, e quando leggo i dati giornalieri dei nuovi contagi e non li trovo rassicuranti, per un attimo fingo di non averli letti. Poi ammetto di averli letti ma dico a me stessa che vanno contestualizzati, che è complicato, e ogni volta ripeto una cosa che mi piace molto anche se non so esattamente cosa significhi. Dico: minor virulenza. Minor virulenza mi calma, minor virulenza mi fa pensare a qualcosa di indebolito, che giorno dopo giorno perde altra forza, fino ad arrivare a nessuna virulenza, a un abbandono per debolezza estrema, come la pioggia quando evapora sotto il sole. Ma non sembra che quel giorno stia arrivando, non come avevamo sperato, e in più ci sono questi banchi fantasma, monoposto, per la scuola del Covid, con un’idea di mondo così desolante (ho giurato che non dirò mai distopica), così stonata rispetto al senso stesso dell’andare a scuola come l’abbiamo sempre conosciuto, che mi assale un altro pensiero e non riesco a scacciarlo: e se questa fosse l’ultima estate? L’ultima estate dopo la tempesta e prima dell’altra tempesta. Un’estate di passaggio in cui cerchiamo di divertirci, essere normali, nuotare il più possibile, salire il più in alto possibile in montagna, salutare tutti gli amici, abbracciare tutti i genitori, con queste mascherine legate al braccio, al polso, nella borsa, con i termoscanner sempre in funzione fingendo che sia soltanto un gioco, esercitando questa prudentissima libertà di andare quasi dappertutto, perché poi a settembre chissà.
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- Annalena Benini
Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.