Elogio del sollievo, clandestino e non: l'emozione più bella che c'è
La paura della tracotanza, la gioia del pericolo scampato, il desiderio negato di un gatto
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Le gemelline siamesi operate alla testa che resteranno comunque unite per sempre
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La seconda occasione
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Chi sei, figlia mia?
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Padri e preghiere
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Noi imperfetti
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Il problema di una società che contrabbanda i desideri come se fossero diritti
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Ci si stanca anche di avere paura, e di sacrificare tutta questa vita alla paura della vita
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Loro sono in vacanza, e noi no. La riconquista del tempo rubato
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Cari figli, litigate quanto vi pare e non diventate rane intimidatrici
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I bambini con le bambole, le femmine con le lucertole, e i dubbi sui poster per la parità di genere
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Dove fa più male
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Cara nonna, cara nipote
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Le occasioni mancate e questa nuova vita, in cui si può ancora aspettare
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La pandemia, ballare sul precipizio come negli anni Venti, e lavarsi bene le mani
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Ca-ca-caffè. Storia della mia balbuzie
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Il Covid e l'amore
Sono passati centotrentotto giorni dal primo ricovero in terapia intensiva a Bergamo per Coronavirus, e l’altro ieri l’ultimo tampone è risultato negativo: la direttrice dell’ospedale ha detto che è stato un momento molto emozionante. Il sollievo è emozionante, ma noi abbiamo paura di dirci sollevati. Questo virus ci ha così feriti e umiliati che il sollievo ci sembra una forma di tracotanza, ci sembra che qualcuno verrà a bussarci su una spalla per dirci: non dovevi essere sollevato, era troppo presto. Quindi per paura di questa pacca sulla spalla io mi sto rovinando tutto il sollievo, o meglio vivo dentro un sollievo clandestino, di cui non parlo e che sono disposta a negare in qualunque momento, ho sempre tre o quattro mascherine nello zaino, piuttosto sporche ma significative, molti gel igienizzanti in tutte le tasche, lascio le scarpe all’ingresso come nel mese di marzo, e quando mia figlia dice: però dai che sollievo, è il momento di prendere un altro gatto, scuoto la testa contrariata (per il sollievo e per il gatto) e mia figlia allora dice: sembri la nonna. La nonna non accetta l’esistenza in sé del sollievo, perché è un atteggiamento mentale troppo rischioso, e vorrebbe tanto un gatto ma non lo ammette. Io, rispetto a lei, e rispetto a mia figlia che è totalmente sollevata e anche totalmente fissata con il gatto, mi metto in una posizione di mezzo. La posizione scaramantica dello struggimento: vorrei tanto essere sollevata e vorrei tanto un altro gatto, ma non ho abbastanza coraggio per assumermene la responsabilità.
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- Annalena Benini
Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.