Coronavirus, Venezia isolata come da decreto (LaPresse)

La vita nel deserto

Giacomo Giossi

Il silenzio di Venezia, quello di Milano, l’oscillare tra attesa e speranza. È nata Virginia

Milano è deserta e questo lo si è detto, a Milano fa silenzio e anche questo lo si può intuire, ogni tanto un’ambulanza, anzi spesso, ma forse è solo una sensazione perché nessun altro è in giro.

  

Alla finestra Alberta, esausta guarda questi giorni che alternano nel cielo grigio e azzurro, nuvole e sole in un’alternanza quasi sadica e in queste ore ancora più insopportabile. Alberta alle volte si sente smarrita, altre volte più semplicemente incazzata e sbuffa e sbuffa. E fortuna che c’è il telefono, ma anche quello che rabbia e “che palle”.

 

Giorgia per tutta la vita ha fatto l’insegnante, quella elementare, quella di quando si era anche noi piccoli e la maestra era unica e tutta per tutti. Giorgia è nata alla Giudecca e della Giudecca conserva il carattere duro, ma accogliente come quell’isola che sta a fare da scoglio in mezzo alla laguna di Venezia dove ancora vive Giorgia. Anche a Venezia fa silenzio, le calli deserte e i campi aperti solo ai pochi residenti ancora non spazzati via dal turismo, ma che ora dei turisti temono la mancanza. Contraddizioni di un tempo improvvisamente violento e privo di immagini se non di mancanza, di assenza e in generale per tutti noi di lontananza. La mattina, appena sveglia Giorgia conta gli abbracci, un po’ per rassicurarsi un po’ per far passare il tempo che pure di pulire non ne può più. Proprio lei che di pulire ne ha fatta una passione mista a nevrosi come solo certe mamme italiane – che sarà un cliché –, ma è pure vero che certe competenze su detergenti e detersivi mica si inventano dall’oggi al domani, c’è bisogno di metodo e cura, esattamente come negli abbracci.

  

Gli abbracci dati ai piccoli alunni oggi cresciuti e poi quelli dati alle figlie, ad Alberta e a Vera ora lontane, lontanissime anche se solo a Milano che oggi pare il mondo più lontano possibile e poi quelli dati a Gigi che ora dopo quasi quarant’anni di matrimonio si aggira tra il soggiorno e le calli vicine in perenne indecisione tra rabbia e qualcosa da fare. Quello di Gigi è da sempre un perenne movimento, una vera e propria grazia per l’equilibrio, di chi da Pellestrina ha girato il mondo come fosse un fazzoletto ripiegato in tasca.

  

Ora le giornate si alternano buone a giornate cattive, come un pendolo. Alle volte va meglio, ma è solo una questione di umore, alle volte va peggio e ci si guarda negli occhi sperando che sia solo per l’appunto una questione di umore.

 

Si fissa il vuoto perché tutto è vuoto, Venezia, il bacino di San Marco, i giardini della Biennale e tutto quello che prima al massimo pareva eccessivo e caotico. Si ripensa ad una cosa mai vista per davvero, si ripensa allora agli abbracci. Chi li ha mai visti gli abbracci? Chi ci ha mai fatto caso? Ci si ricorda la sensazione, non la posa, non ci sono fotografie. Anche gli abbracci sono del resto invisibili che siano rapidi o intensi come in certi film di Louis Malle dove il solo stringersi dei cappotti è come fare l’amore e amarsi tutta la vita, anche restando distanti, anche restando spauriti per le proprie colpe e per i propri difetti. Ogni tanto gli occhi di Gigi e di Giorgia si incrociano anche nella rabbia che capita c’è un soffio di ironia, un tentativo di leggerezza, una volta lei, una volta lui, è il pendolo sì, ma è anche l’equilibrio dei veneziani, di chi sa stare a galla non per necessità, ma per virtù.

Si fa turno per andare a fare la spesa, si fa turno per prendere aria, si dorme e si ci sveglia, si sta in equilibrio. Poi arriva la telefonata di Vera, sempre troppo breve, ma va bene così, anzi no e si richiama per un consiglio da dare, per una rassicurazione nella voce da tenere stretti. Poi si chiama Alberta, ma non risponde sarà impegnata, è un periodo faticoso per Alberta. Poi si immaginano Alberta a Milano così stretta tra quelle mura e quelle strade sempre troppo rigide per quanto accoglienti. Chissà come è di umore oggi, chissà cosa pensa, chissà se ha bisogno di aiuto. Se lo domandano in continuazione Giorgia e Gigi loro che a Milano vanno ogni volta che serve (e anche di più perché Milano è rigida ma xe bea).

Alberta non risponde ancora, un po’ di ansia, ma l’ansia non serve e lo sanno bene. Gigi allora inizia a cucinare e Giorgia a leggere, anche se Gigi esagera con il sale e Giorgia non si concentra per davvero. Poi un dling e una vibrazione quasi contemporanea sui loro telefoni, una foto.

 

E’ una foto da Alberta: Virginia in braccio a Giorgio suo padre. Virginia ha due settimane e sorride sicura tra le braccia del padre e il padre sorride sicuro tenendo la piccola. Si amano da sempre, è chiaro. E sorridono Giorgia e Gigi, madre e padre e nonni con i loro visi un po’ pallidi, ma felici e rassicurati da quella piccola donna di due settimane che si chiama Virginia e che sorride e che dorme tranquilla. Senza paura.

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