Screenshot da Youtube

Quel demone che forse si chiama istinto di maternità

Simonetta Sciandivasci

Incontri casuali sul treno. Una bambina dolce che ama Baby K

Cara Annalena, ero sul treno senza cuffie isolanti e non sedevo in una di quelle carrozze dove chi produce suoni rilevabili da orecchio umano viene defenestrato e poi seppellito in un’area picnic, quando mi si è seduta davanti una bimba. Si è sbracciata facendo aria, quasi vento, e ha urlato, “Voglio guardare fuori!”. Poi s’è appiccicata al vetro del finestrino. Sembrava una lucertola, forse lo era. Poi ha letto un libro con principesse ordinarie. Poi è arrivato il capotreno e lei gli ha detto, “Ciao, ramarro”. Poi le ho chiesto come si chiamasse e mi ha detto nome, provenienza, età, lavori dei sogni (10!), cantante preferita (Baby K, te la canto), gioco del cuore, pensieri sul Papa. Poi dovevo scendere e mi ha abbracciata e ho capito cosa succede negli occhi di Meg Ryan in “Harry ti presento Sally”, quando racconta della bambina che indicandole un papà che portava in spalla sua figlia le aveva detto di aver visto una famiglia. In preda a un demone, ho lasciato il mio numero ai genitori, inventandomi di lavorare in tv. Mi hanno guardata come fossi un manicomio vuoto e forse lo sono. Non la rivedrò più. Però dirò sempre “Ciao, ramarro” al posto di “Sono a casa”, o “Mi chiami?”, o “Mi fai gli spaghetti alla Nerano?”. Magari l’istinto di maternità è questo voler dire una cosa perfetta, che spiazzi e rassicuri tutti, sempre.

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