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Il rito educativo olandese che lascia i bambini soli nel bosco di notte

Annalena Benini

Pollicino, il disprezzo dei fratelli Grimm per tutti i genitori, i campi estivi e la carbonara

Mio figlio e io qualche sera fa abbiamo ascoltato su Audible la favola di Pollicino per la millesima volta, e per la millesima volta ci siamo sconvolti in due modi diversi. Lui si sconvolge per il coraggio e la furbizia di Pollicino, che vince sui genitori, sull’orco, sulla moglie dell’orco, sul bosco, su tutti, e salva i fratelli. Io mi sconvolgo per i genitori che abbandonano per due volte sette bambini nel bosco e vanno a casa a cenare, con un rimorso molto contenuto. “Ti rendi conto?”, dicevo a mio figlio, “la madre non ha detto al padre: vattene tu, oppure trova un lavoro, ruba un maiale, venditi un occhio, ma ha abbandonato i figli”. E lui mi diceva: “Ti rendi conto? Pollicino è più basso anche del nostro cane”. Eravamo molto ammirati e molto scandalizzati, e io anche da sempre certa del disprezzo dei fratelli Grimm per i genitori in genere (madri, padri, matrigne, orchesse: spietati oppure totalmente incapaci, e infatti nelle fiabe il mondo è in mano ai bambini), e da sempre mi chiedevo se i fratelli Grimm ce l’avessero in particolar modo con i genitori tedeschi.

 

Ma il giorno dopo ho letto in prima pagina sul New York Times il racconto del metodo educativo olandese: l’abitudine consolidata, nei campi estivi per undici-tredicenni, di accompagnare i ragazzini nel bosco alle due del mattino, e lasciarli lì a cavarsela da soli, in gruppetti di tre o quattro. Vengono portati in macchina, bendati, e devono ritrovare il campo da soli. Gli adulti dovrebbero controllare che nessuno rischi la vita, ma non intervengono se non in casi di reale pericolo, a volte si nascondono per spaventare i bambini imitando i versi degli animali, e comunque è successo che alcuni capi scout si siano addormentati ubriachi, dimenticandosi i bambini che vagavano soli nei boschi vicino a Utrecht. Un po’ come il padre di Pollicino, o quello di Hansel e Gretel, che la notte dormivano sereni e anche sazi del cibo che avevano sottratto ai figli. I risultati sono quasi sempre ottimi: i bambini olandesi si ingegnano, dimenticano la Playstation, si orientano con le stelle, superano per sempre la paura del buio e alla fine arrivano al campo felici, orgogliosi e affamati. I poliziotti sorridono e salutano con la mano quando vedono passare, la sera molto tardi, automobili con bambini bendati sul sedile posteriore. Negli anni passati alcuni ragazzini sono stati investiti mentre camminavano nel buio e sono morti, da allora sono state introdotte alcune regole di sicurezza, come le magliette catarifrangenti, e a volte viene concesso un cellulare per le emergenze (attacchi di panico, cadute nei crepacci, crisi di pianto, morsi di vipera, inseguimenti di cinghiali). Gli educatori si lamentano di questa iper protezione che rammollisce l’infanzia, temono che di questo passo non sarà più nemmeno permesso accendere un fuoco nel bosco, e forse rimpiangono anche l’orco che inseguiva Pollicino con gli stivali magici per sgozzarlo, stimolandolo così a salvarsi da solo.

 

Poiché mia figlia è in questi giorni in un campo estivo non in Italia, e si lamenta della fatica perché si alzano all’alba per andare a vedere gli uccelli, e si lamenta del cibo e si lamenta del caldo e si lamenta degli scogli e si lamenta di tutto, sto pensando di mandarla l’anno prossimo in un bosco in Olanda con addosso una maglietta catarifrangente. Gliene ho parlato al telefono, e lei prima ha detto: una figata assurda! Poi ha detto: ma i genitori sono problematici? Infine ha detto: non ci credo perché è impossibile. E ha ricominciato a lamentarsi del caldo, del cibo, dell’alba sul mare, del materasso un po’ sfondato. Le ho giurato che è vero e che è una tradizione olandese, e lei ha detto: ma io sono italiana, queste cose non le faccio, quando torno voglio la carbonara. Lei è italiana e quando torna vuole la carbonara, e anche suo fratello è italiano e ha detto che non vuole andare mai in un campo estivo in tutta la sua vita, non solo in Olanda, proprio neanche a Roma. Ma non ti piaceva tanto Pollicino, così coraggioso e furbo? No, facevo finta perché piaceva a te.

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.