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Il giorno più difficile dell'estate non è quello della fine delle vacanze

Annalena Benini

Chiudersi nella doccia per non affrontare un armadio. Un unico pensiero: come faremo?

Il giorno più difficile dell’estate non è quello delle partenze, o delle separazioni, e non è quello dei ritorni, non è la fine delle vacanze. Non è nemmeno il giorno delle valigie da disfare, o il giorno in cui tutta l’abbronzatura sparisce, o il giorno in cui si decide di scappare di casa e non tornare mai più.

 

Per me il giorno più spaventoso dell’estate è già avvenuto, dovrei essere sollevata e vorrei che fosse stato almeno un po’ epico ma non è così: non sono per niente sollevata ed è stato un giorno qualunque, sciocco, intermedio, un giorno in cui per nessuno nel mondo è successo niente, tranne che per me. Il giorno in cui hanno portato via un grosso armadio vecchio e rotto e ne hanno montato uno nuovo (in realtà ancora più vecchio ma funzionante). Il giorno in cui mia figlia ha detto, al posto di “grazie”, per sessanta volte: adesso che ho l’armadio, mio fratello deve andarsene, devi sbatterlo fuori da questa stanza.

 

Al mondo ci sono persone, forse la maggior parte, che io ammiro perché totalmente a proprio agio nelle questioni di armadi, di stanze da imbiancare e di piccoli traslochi. Sanno a chi chiedere, telefonano, prendono appuntamenti, sanno dare istruzioni, collaborano attivamente con i trasportatori, si fanno rispettare e conservano tutte le fatture, sono perfino in grado di trattare sul prezzo. Soprattutto, se vuotano un armadio sono capaci di riempire quello nuovo molto meglio di prima, e poi si allontanano per vedere l’effetto, dicono: vedi quanto spazio in più, e vanno a cena piene di soddisfazione, dopo aver scattato qualche foto. Persone razionali, che dicono: non c’è problema, invece di strabuzzare gli occhi, torcersi le mani e dire: ma come faremo?

 

Io non sono tra queste persone. Io davanti agli armadi, alle riparazioni, ai tecnici, agli architetti, ai calcinacci, ma anche alle prese della corrente, mi sento a disagio, angosciata, inutile, cieca, sorda, d’intralcio, ridicola e penso: ma se invece di cambiare armadio cambiassimo direttamente casa? Ci chiudiamo la porta alle spalle e ce ne andiamo per sempre. Ricominciamo da zero, in un’altra città. Anzi guarda, me ne vado solo io.

 

Perché la casa, adesso, con l’armadio da smontare e quell’altro da rimontare, e i vestiti dentro la doccia, e io che vago senza essere di nessun aiuto, cieca e sorda, mentre i bambini hanno scaricato l’app malefica che invecchia la faccia e vogliono provarla su di me che non voglio, mi sembra un posto infernale. Non voglio vedere la mia faccia da vecchia, e nemmeno la vostra, non voglio un nuovo armadio, voglio stare chiusa per sempre nella doccia insieme ai vestiti, la maggior parte dei quali non va più bene a nessuno da anni, e l’unica cosa che mi viene in mente è: ma come faremo?

 

Quando hanno suonato alla porta, ho deciso di non aprire. Erano i due trasportatori venuti a distruggere l’armadio vecchio, che comunque per quattordici anni si era ricoperto di gloria, e mi sembrava ingiusto buttarlo via così. Riuscivo a pensare solo: ma come faremo? Hanno suonato di nuovo, e mio figlio ha aperto, perché l’unica cosa che fa dentro casa è aprire la porta, soprattutto quando io dico: non aprire.

 

Ma quando ho visto i trasportatori, così sicuri, così forti, così gentili, così hollywoodiani, ho pensato che era giusto gettare via quel catafalco, che avremmo dovuto pensarci prima. Sono riuscita a dire soltanto: ma come farete?, e loro hanno risposto, sorridendo anche con le braccia: non c’è problema. Una specie di pace mi è scesa nel cuore, per qualche minuto, il tempo di smontare l’armadio con pochissimi movimenti precisi e farlo sparire per sempre. I bambini hanno salutato l’armadio e hanno ricominciato a inseguirmi per mostrarmi la mia faccia da vecchia con faceapp, io ho salutato i trasportatori e sono tornata nella doccia insieme ai vestiti, ho guardato il nuovo armadio vuoto, invitante, spazioso, e sono in effetti già tre giorni che lo guardo e penso soltanto: e adesso come faremo?

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.