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L'immensa fatica di non essere apprensiva, e nessuna ricompensa

Annalena Benini

Tutte le fibre del mio essere vogliono dare torto a mia madre, ma vedo ogni catastrofe

Quando mia madre mi dice: copriti le spalle che ti ammali, non puoi prendere il treno vestita così, di solito è estate e la gente per strada si tuffa nelle fontane, è estate e dall’asfalto sale un fumo nero, è estate e mia madre la mattina mi vede al computer e dice: chiudi la finestra che fa corrente e ti ammali. Io non rispondo, apro di più la finestra, mi spoglio di più, dico che fa caldissimo e anzi che si crepa, divento di un malumore nero e rovente. Mia madre si porta una mano alla gola, tossisce, dice a mio padre: che freddo, e fissa la finestra aperta con costernazione. Mio padre allora esce di casa velocissimo per non essere coinvolto in questa guerra, mia madre gli chiede dove vai, ma lui ha già fatto sette chilometri in bicicletta e non può sentirla. Io resto immobile e seminuda, se avessi un ventaglio lo sventolerei come un’arma, ma intanto comincio a sentire, nel segreto di me stessa, la corrente. Sento un pizzicore in gola e nel naso, sento aria fredda sulle spalle, sento che mi si gonfiano le tonsille. Sento che potrebbero venirmi le placche. Avrei bisogno di una tachipirina, ma non posso assolutamente farmi vedere da mia madre, che in questi pochi giorni insieme sta studiando ogni mio movimento, le mie telefonate, i miei capelli, il mio misero bagaglio.

 

Tutte le fibre del mio essere sono tese verso il darle torto, voglio dimostrare a mia madre che le sue preoccupazioni sono sbagliate, sono sempre state sbagliate, e che io vivo libera dall’ansia. Ma non è così, infatti da dieci minuti mi fanno male le tonsille e non mi sento di escludere nessuna catastrofe, naturale e non. Porto i bambini in spiaggia, fingendo grande disinvoltura, anzi li lascio andare da soli in bicicletta, sempre con grande disinvoltura, e sempre tenendo conficcati sulla schiena gli occhi costernati di mia madre, e affretto il passo perché in realtà non mi piace per niente che siano andati in spiaggia da soli. Arrivo e dico: fate pure il bagno anche se c’è appena stata una tromba d’aria e anche se avete appena mangiato la piadina e gli spaghetti alle vongole e il gelato. Fate pure il bagno anche se tra poco pioverà di nuovo, il cielo è tutto nero. E loro si buttano in mare senza neanche apprezzare la grandezza del mio gesto, e io rimango a guardarli con un sorriso di pietra, e mentre li guardo sento che tutte le paure di mia madre si stanno impossessando di me, insieme alla tonsillite. Immagino una nuova tromba d’aria che li risucchia. Scaccio la tromba d’aria, ma subito immagino una buca che si apre sotto i loro piedi e la corrente che li trascina al largo. Scuoto la testa e dico no, è impossibile, e inizio a immaginare un blocco di digestione, una congestione da vongole e gelato che paralizza le loro gambe quindi mi preparo ad andare a salvarli ma mi chiedo come farò a salvarli tutti e due. Li guardo mentre si tuffano dentro le onde e fanno a gara a chi sta più a lungo sott’acqua e penso: ecco, adesso non mettono più fuori la testa, è successo qualcosa. Ogni volta che riemergono ringrazio il cielo nero sopra di me. Ma non posso cedere, non posso chiamarli, non posso mostrare apprensione. Li fotografo, in realtà uso lo zoom per controllarli meglio. Ho sempre gli occhi di mia madre conficcati nella schiena. Mi sembra di vedere dei mulinelli in mezzo al mare, ma faccio solo segno con le mani di non superare la boa di sicurezza. Il cielo si gonfia, ma io non devo urlare che il bagno è finito, non prima di un’ora, devo restare tranquilla e quindi, dopo aver sentito un tuono, cerco su google: fulmini in mare. Come immaginavo, è molto pericoloso. Se solo ci fosse un bagnino vestito di rosso, calvo e col fischietto. Non chiedo tanto, solo un po’ di ordine, e una sciarpa per questo terribile mal di gola. Il mare è quasi in tempesta, ma io continuo a sorridere, impietrita.

 

Ma ecco, si sono stancati, tornano indietro, escono dall’acqua pieni di alghe nei capelli e con la pelle d’oca. Mia figlia batte i denti. Ce l’ho fatta, non sono mia madre, mi aspetto ammirazione. Mio figlio mi chiede perché piango. Non piango, non è niente, forse ho solo un po’ di febbre, sai il vento. Lui mi guarda, severo: è perché stai in mezzo alla corrente mezza nuda, non lo sai che la nonna ha sempre ragione?

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.