L'intimità impenetrabile di madre e figlia

Michele Neri

"Gun Love", un romanzo che risponde a molte domande

Vorrei una spiegazione. So che non c’è, ma è successo di nuovo e non posso non domandarmi niente. Nostra figlia e sua madre hanno attraversato una frontiera impenetrabile. Forse anche questa volta è accaduto in bagno, di fronte allo specchio come due età dello stesso personaggio in un film. Lì c’è spazio e logica soltanto per loro, donne divise da anni, centimetri e carattere ma così vicine che in mezzo il fatidico foglio di carta non passerebbe, tanto meno la mia capacità d’intendere. Com’è possibile che storie e traffici della loro vita possano interrompersi all’improvviso, e con brutalità, per poi ricominciare come nulla fosse dallo stesso preciso luogo e da un amore migliore? Urlavano e ora ridono a turno dietro la porta chiusa, ma lo farebbero davanti a me. Se un padre si allontanasse così, non ritroverebbe il posto lasciato. Quando urla, sa che poi dovrà costruire qualcosa di altrettanto frastornante ma premuroso, contrario. Dovrà prima viaggiare e cambiarsi dentro.

 

Se una madre compie un gesto dolce o stonato, sarà accolto con la noncuranza di chi se lo aspettava da sempre. Con il padre no: è una sorpresa, è un cambiamento di pressione. L’umore in cui sembrano immerse, diluisce ogni ferita e ogni gioia in una sostanza sconosciuta. Pretendo di guardare dietro la biologia e la storia, ma c’è stato chiesto di avvicinarci. Un’idea geniale. Però non si entra in un mondo in cui soltanto loro possono mescolarsi come farina e zucchero, poi riconoscersi. Mi dicono che è questione di affinità fisica.

 

In un confidenziale romanzo di Jennifer Clement, “Gun Love” (Bompiani) ho trovato qualche risposta o una versione più credibile delle mie elucubrazioni.

  

Una giovane madre, Margot, vive con la figlia preadolescente Pearl in un’automobile ferma da anni in un desolato parcheggio per roulotte nella “terra incasinata” della Florida. Nella Mercury Topaz rossa del ’94 c’è spazio soltanto per loro: nel bagagliaio sono stipati gli oggetti preziosi raccolti al volo da Margot diciassettenne, prima di fuggire con Pearl neonata dalla ricca casa dove ha trascorso l’infanzia e da un padre violento con una paletta schiacciamosche in ogni stanza. Il padre di Pearl non esiste: Margot non vuole che il suo nome sia pronunciato “nell’ossigeno della loro vita”, o che entri nei sogni. Loro due e stop, una figlia di cui non ha denunciato la nascita, una mamma il cui alito “sapeva dei cinque gusti delle caramelle Life Savers” e ha una canzone per ogni lezione dell’amore. E’ un kidnapping intimo, bohémien. Margot traduce la realtà per lei che vive sul sedile davanti. Attorno alla macchina parcheggiata, si estende un territorio ostile e inquinato, uomini, tante armi per sbandati, veterani e paranoici che separeranno per sempre la figlia dalla madre. Pearl diventa la madre di se stessa. Nulla cambierà: è cresciuta nel guscio della totalizzante, indisturbata fantasia materna e continuerà a farlo. “La sua vecchia vita e la nuova si trovavano sempre mescolate dentro una terrina, come la farina e lo zucchero”. L’unica novità è che questa diventerà trasparente anche per il lettore, rivelando piccoli codici del loro mondo.

 

“Pearl, bambina mia, credo nell’amore a prima vista. Stai attenta a quello che guardi”, l’aveva avvisata sua madre, aggiungendo che sarebbe stato come un incidente. Pearl, anni dopo, incontrerà il suo primo ragazzo: “Quando guardai Leo capii di essermi rotta un braccio. Ero rotolata giù dalle scale. Un treno stava arrivando sui binari”. E non potrà che pescare nel “morbo dell’empatia”, la sua eredità.

 

L’intimità di cui non mi capacito, quell’affinità esclusiva davanti allo specchio non è più così allettante. Si nutre anche di paura: “Mia madre mi aveva detto tante volte che sperava che sarei morta prima di lei. Senza di me non saresti capace di sopravvivere. Ti farebbe così male. Non hanno nemmeno ancora scritto una canzone per questo”.

 

Nasce da un inimmaginabile, per me padre, senso pratico. “Quando non hai la mamma, i vestiti si mischiano tra loro. Tutti i bambini si mettono le tue magliette, o magari tu pensi che siano tue, ma non lo sai se non c’è la tua mamma a dirtelo”. Nasce anche da una familiarità con la vita. Soltanto una madre descritta da una donna, può chiamare Raggiungimi sul traghetto per le stelle il rosso vivace dello smalto con cui dipinge le unghie dei piedi a sua figlia, accovacciata sul sedile accanto. E chiedere:

 

Pearl, lo sai qual è la migliore domanda del mondo? La migliore in assoluto?

No.

Andrai al ballo?

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