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Madri che non ho

Claudia Durastanti*

Le cercavo androgine, colte e laiche. Per togliermi ogni desiderio, per uccidermi sempre

Di madri che non ho avuto ce ne sono state tante, le cercavo sempre androgine, istruite e laiche.

Con una passione artistica, ma affrontata fino alle sue estreme conseguenze (in questa versione mia madre è Kim Gordon e si prende cura dei miei amici così come si è presa cura di Kurt Cobain, concede interviste in salotto senza mai trattare male i giornalisti che la venerano e non mi ha dato un nome stupido che significa “cerbiatta” in lingua magiara) oppure sacrificata per modestia ma mai rimpianta (questa madre non parla mai del suo talento da musicista o scrittrice, qualcuno glielo ricorda a cena e lei fa un gesto minimo come la mano, senza rancore). Lei non ha mai provato a sfondare senza riuscirci, il suo essere speciale non si è mai esaurito in un mancato riconoscimento da parte del mondo di cui sono costretta a essere prima spettatrice e poi complice. Io non assisto mai al declino di questa madre.

  

Un’altra madre che non ho avuto aveva passioni saltuarie per gli uomini, eppure ne aveva amato uno solo, ed era pure abbastanza vera e corrotta da averlo tradito quel grande amore (salvo poi riacciuffarlo), giusto in tempo per dimostrare che lei non credeva nella monogamia né nelle relazioni aperte, ma in tutta una serie di arbitrari compromessi. Questa madre non chiede mai quando verrà il momento di riprodursi o che fine fa una coppia, se non si sbriga a fare la fine che tutte le coppie fanno. E’ la mamma dell’“ognuno vive come gli pare”. Posso provare un leggero rancore per il fatalismo che governa la sua esistenza, ma lei ha trovato un modo per tenere insieme tutto – tenere insieme sé stessa – e se le sto abbastanza alle calcagna me lo rivelerà. Di solito somiglia a Cate Blanchett, ma con i capelli al quarto giorno dopo la messa in piega.

  

Un’altra madre che non ho avuto veniva da una ricca famiglia mitteleuropea con una storia di esilio e di persecuzione politica alle spalle, riverberata fin dentro le sue ossa, una storia che però non si è mai fatta tragedia e l’ha resa solo svelta e pronta al rischio, a tratti negligente verso i figli ma sempre per amore di una causa superiore, che fosse la politica o il nutrirsi bene: nelle mie fantasie questa madre cucina innanzitutto per sé stessa mentre parla di Iosif Brodskij e ribadisce sempre il concetto di gratificazione personale, ma appena mi offendo perché temo che non mi ami abbastanza mi concede una carezza e mi ricorda che per essere madre bisogna essere innanzitutto una donna. Snocciola aforismi sulla propria autodeterminazione che diventano sempre più stanchi con l’età, però non smettono mai di affascinarmi. E’ la madre di cui si innamorano i ragazzi che frequento anche se è ingrassata col tempo perché ha sostituito Marx con la lussuria a tavola; le regalano libri che ha già letto e quando ci lasciamo questa madre ride, nessuno di loro le è sembrato importante. (Quando vogliono ferirmi questi ragazzi mi chiedono se sono consapevole che neanche io, per lei, sono importante).

  

Un’altra madre che non ho avuto ha sempre preservato il suo ostinato distacco dalla religione, non si è fatta sedurre dagli spiritualismi e non mi ha mai nascosto un’ametista sotto il cuscino convinta che le proprietà guaritrici della pietra potessero rendermi una persona migliore. A differenza delle sue coetanee, pratica yoga per alleviare il dolore alla schiena e non per risolvere un rapporto complesso con sua madre (anche perché nessuna delle madri che non ho avuto si comporta da figlia, e non so nulla delle donne che sono venute prima di loro. Esistiamo solo io e queste madri, in una stanza degli specchi infinita). Questa madre che non si tinge i capelli e somiglia a Susan Sontag, non ha alcun cedimento mariano, ma non ha l’arroganza di chi vuole convertire le amiche con i principi della scienza. Ha troppa classe per quello. Ha molta empatia per chi si è avvicinato alla fede, le sue prese in giro sono sempre leggere, e prova tenerezza verso le donne che si definiscono “streghe”. Resta laica anche quando si ammala di una malattia che crediamo incurabile, non cede neanche alla fine; la sua coerenza mi esaspera, mi orienta e mi commuove.

  

Tutte le madri che non ho avuto mi avrebbero fatto finire in psicoterapia peggio di quanto non abbia fatto la mia; ogni madre che non ho avuto è una madre ingombrante, e neanche nelle mie fantasie so immaginare un legame che non sia ossessivo e orientato a un’intima lacerazione. Sono madri programmate a togliermi ogni desiderio e a vincere sempre, le madri che non ho avuto fanno di me una figlia amorfa per non dire morta; le cercavo androgine, istruite e laiche. La verità è che le cercavo assassine.

   

*E’ in libreria con “La Straniera” (La Nave di Teseo)

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