L'illustrazione di Makkox per il Figlio

Per non diventare lo zimbello della classe bisogna essere Scrooge?

Annalena Benini

Disincanto di Natale, tra razionalità e surgelati. Voglio l’albero più pacchiano che c’è

Ho viaggiato su un treno carico di babbi natale che agitavano le campanelle e scuotevano bonariamente la testa, erano almeno cinquanta, rilasciavano interviste accanto a renne finte, cantavano Jingle Bells, era solo il 28 novembre e loro sembravano molto ma molto incazzati. Ho avuto paura che mi picchiassero con le campanelle e ho pensato con spavento: è già Natale. Le luci, i regali, il brodo di gallina, devo comprare la gallina, non devo dimenticarmi la gallina, e devo rimontare l’albero di Natale: ma mia figlia ha detto che il nostro albero, per quanti sforzi facciamo, per quante decorazioni ci mettiamo, è sempre “orribile”. Orribile, da dodici anni. Senza offesa, ha detto. Senza offesa, e io mi sono offesa. Allora oggi, trenta novembre, voglio comprare un albero veramente pacchiano, con la neve sopra, con le luci sfavillanti, un albero che indichi agli amici la strada di casa nostra per quanto sarà enorme, e dal trenta novembre al trenta maggio sarà sempre Natale, perché nessuno lo smonterà, fino a che un giorno crollerà da solo sotto il peso dell’estate.

      

Ma quest’anno è tutto diverso, i nostri figli sono cresciuti, sanno che Babbo Natale sale sui treni parecchio arrabbiato per la barba finta, la tuta rossa, la paga insufficiente, la voglia di una sigaretta. Non ci credono più. O meglio: mia figlia una mattina si è svegliata nichilista e ha bloccato suo fratello in bagno, mentre non poteva difendersi, e gli ha parlato in modo piuttosto brusco. “Giulio, l’anno prossimo andrai in prima media, non voglio che ti prendano in giro: devi smetterla di dire che hai visto Babbo Natale, perché Babbo Natale non esiste, hai capito? I regali ce li comprano i nostri genitori, il nonno si traveste, il babbo scrive lettere finte con la calligrafia tremolante, adesso basta con questa pagliacciata”. Lui ha protestato debolmente, le ha detto che una volta ha visto Babbo Natale e in casa c’eravamo tutti, nessuno era sparito e quindi nessuno era andato a travestirsi, ma lei gli ha detto solo: ti consiglio di non raccontarlo in giro. Giulio è venuto da me in cucina, mi ha detto: a me comunque non importa, e gli tremava un po’ la voce. Mi sono fatta raccontare tutto, e mia figlia intanto mi fissava con aria di resa dei conti. Che Babbo Natale non esiste glielo disse la maestra in quinta elementare, e io non ho mai perdonato la maestra, ma evidentemente Benedetta non aveva mai perdonato me.

  


   


   

Anche adesso, mentre cerco di spiegare che le cose non stanno esattamente così, che io non sono proprio sicura che Babbo Natale non esista, perché è un discorso più ampio, c’entra anche lo spirito del Natale, c’entra Gesù bambino, l’idea della bontà (mio marito ride, io mi offendo, lo minaccio con lo sguardo, lui ride più forte), lei scuote la testa: vuoi farlo diventare lo zimbello della classe? Certo che non voglio farlo diventare lo zimbello della classe, ma è possibile che tutta la mia famiglia abbia aderito al disincanto di Natale? Tra Scrooge e Nietzsche e quegli spaventosi babbi natale sul treno, mi state facendo passare la voglia dell’albero di Natale che illumina la strada di casa. Forse non comprerò nessuna gallina per il brodo. Nessun regalo. Sostituirò le lampadine con i neon, per creare un’atmosfera il più possibile squallida. Faremo finta di niente, mangeremo surgelati, litigheremo, non risponderemo agli auguri di nessuno, sbatteremo porte in faccia, lavoreremo tutto il giorno, ognuno guarderà il suo film dentro il suo telefono. Mio figlio mi interrompe, perché ha scritto una lettera a Babbo Natale e vuole appenderla comunque all’albero vicino alla finestra, quello pacchiano con la neve che devo ancora comprare. Aveva scritto questa lettera prima che Benedetta lo chiudesse in bagno per liberarlo dalle mie bugie. “Caro Babbo Natale, quest’anno sono stato abbastanza educato: facevo parlare prima le femmine e cercavo di non litigare. Poi sono stato anche bravo: ho preso dieci in scienze”. Ma se non ci credi più, come facciamo? Lui mi indica il foglio: ha aggiunto le virgolette a Babbo Natale. Caro “Babbo Natale”, quest’anno vorrei una maschera da cavallo, e un maglione natalizio a piacere tuo. Non so perché, ma la richiesta del maglione natalizio mi ha commosso a tal punto che quest’anno allora faremo anche il presepe. E a un certo punto arriverà, senza ombra di dubbio, “Babbo Natale”.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.