C'è un mistero in questo Milan

Mirko Volpi

La partita contro il Chievo ha dimostrato che i rossoneri sono una squadra temibilissima, tenace, compatta, tecnica con concretezza e fantasiosa senza fighetterie da circo

Nessun dorma – né lasci lo stadio troppo presto. Dilegua, o notte! All’alba (del novantesimo, o giù di lì) vincerò. Non è certo chiuso in sé, il mistero di questo Milan ben degno della Scala del calcio (da quanto non si sentiva questa vieto luogo comune retorico, cronisti Rai, forse, a parte? Pazienza, il fatto è che quando uno – tra le tante altre cose – vede questi tre sberluccicanti tenori azzeccare il do di petto, pardon, andare a segno con tale esattezza, rischia di galvanizzarsi al punto da scordarsi di compulsare il manuale del perfetto retore). Forse non è chiuso nemmeno negli spogliatoi, nemmeno in quelli di Milanello, dove è ormai piuttosto facile immaginare la fatata influenza che mister Gattuso ha sui suoi giovani adepti, né sono in grado di intristire il clima o di turbare la sempre più solida autostima del gruppo rossonero le peregrine e inopitate ribellioni del reprobo di turno – tu quoque, Kalinic? (non esagero: per un duro come Rino, la poca voglia in allenamento equivale a un vero e proprio ammutinamento). E’ anzi ormai a tutti ben chiaro che il Milan è una squadra temibilissima, tenace, compatta, tecnica con concretezza e fantasiosa senza fighetterie da circo (stavo per dire anche robusta, ma me ne trattiene il numero di gol presi nelle ultimissime sfide, Arsenal ovviamente compreso, tornato pericolosamente a salire dopo settimane di lodevolissima tenuta: eccedo in severità per non cadere nella tentazione di una sciocca presunzione). Contro il Chievo nessuno, in campo e sugli spalti, si è sgomentato. L’inatteso uno-due dei pandorini non ci ha scomposto più di tanto: ci siamo di nuovo installati nel loro tremebondo recinto, in attesa che la giustizia facesse il suo corso. E che il buon dio delle sorprese annuali calasse numinoso sul macchinario del Var, consegnando Cutrone all’ennesima ovazione dei tifosi ormai fattisi idolatri; e consentisse a Fassone&Mirabelli di ancor meglio ammortizzare lo stoltamente, troppo frettolosamente deriso investimento, lasciando al bell’André – scorpionino nel mischione da calcio d’angolo – la soddisfazione di indossare nuovamente i panni del profeta del gol fatale. Della sua veritiera e illuminata predicazione avremo un gran bisogno anche dopo la sosta, quando dovremo contrastare le insidie delle sette eretiche: juventini e cugini bauscia.

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