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Il gol di Cutrone contro la Lazio? Var non vede, cuore non duole

Mirko Volpi

Che si sia al bar sport oppure a commentare la partita seriamente due sono le considerazioni da fare su Milan-Lazio: i rossoneri hanno giocato meglio ed era solo il quindicesimo

(Forse per una svista di quell’ubriacone di Jack O’Malley che ha fatto casino coi dispacci, la rubrica di oggi è due versioni)

 

[Versione bar sport] Non sarà stata la mano di Dio. Ma di certo ricorderemo a lungo (oddio, giusto il tempo di finire questa stagione) il braccio di Cutrone. Sulla punizione perfetta di Çalhanoglu, sbuca nel mischione il nostro centravanti, che insacca. Sulle prime sembra una bella capocciata da attaccante di razza. Sulle seconde, e tanto più sulle terze, appare più verosimile che il giovane Patrick abbia deviato la palla con un punto dell’arto superiore probabilmente riconducibile alla parte centrale dell’òmero, o al quasi-gomito, oppure a quella zona dagli incerti confini e contorni comunemente nota come spalla, il cui tocco nel gioco del calcio non dovrebbe essere sanzionato. Arbitro (guardalinee, VAR…) non vede, cuore non duole. Situazione al limite, di difficile valutazione in tempo reale, tanto che i laziali manco hanno protestato (più o meno). Comunque era solo il quindicesimo.

 

[Versione amanti del fòlber] Forse nessuno, né tra gli addetti ai lavori, né tra i disillusi tifosi, si sarebbe aspettato, non dico questa mini-striscia di buoni risultati, ma la sicurezza e la forza di partita in partita crescenti che il Milan di Gattuso ha saputo dimostrare, sorprendendo anche i più scettici. Tanto più che il culmine di tale serie ha visto il Diavolo sconfiggere nettamente la Lazio luccicante delle ultime settimane (al netto dell’assenza di Immobile). Nettamente, sì, e poco ci cale del risultato di misura e d’altre ciarle moviolistiche. L’analisi fredda ed equanime dice superiorità dei singoli uomini e dei movimenti di squadra, occasioni create e qualità di gioco. I nostri piedi buoni (l’Ottomano, Jack, Suso) sono stati particolarmente buoni (e si sono visti al Meazza persino svariati dribbling, specialità ormai dimenticata del calcio contemporaneo); il centrocampo (Kessie e, evviva evviva!, Biglia), mai così efficace nella pars destruens come in quella construens; difesa ancora imperfetta, ma degna della classe di Donnarumma (con menzione d’onore per il cross di Calabria aka Tassotti). A ciò s’aggiunga una sempre più solida tenuta agonistico-mentale, che ci ha permesso (di fronte a una squadra che era inevitabile temere, e molto) di non perdere la testa dopo il loro estemporaneo pareggio. E comunque quella roba là è successa che era solo il quindicesimo.

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