Edipo e Antigone di Charles Jalabert, 1842 (Wikipedia) 

il bi e il ba

Renzi-Edipo, da re divino a capro espiatorio

Guido Vitiello

Il sovrano e il reietto sono accomunati da una caratteristica: possono fare quello che vogliono. Così l'ex presidente del 40 per cento alle elezioni europee: quando ogni cosa che fai innesca un linciaggio, puoi fare ogni cosa. Come sul ddl Zan

"Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene”, disse il conquistatore macedone ai suoi seguaci dopo aver incontrato, a Corinto, il filosofo cinico coperto di stracci che gli aveva chiesto di scansarsi dal sole. L’aneddoto leggendario, raccontato da Plutarco, è stato letto nei modi più vari; per parte mia, mi piace ricavarne questa massima: la piena libertà l’hanno solo il re e il reietto, solo loro sono sciolti dai vincoli della società. L’uno è al di sopra degli uomini comuni, l’altro ne è al di sotto. In altre parole, se Alessandro perdesse il trono, potrebbe conservare l’essenza profonda dei suoi privilegi regali solo nella botte di Diogene. Qualcosa di simile è stato detto di Edipo, tiranno di Tebe e poi mendicante disprezzato da tutti, i due punti estremi di uno stesso asse antropologico che ha per vertice il re divino e per base il pharmakos, il capro espiatorio dei riti greci. Le due figure si somigliano: come il pharmakos, il re è un fuoricasta, esiliato dal consorzio umano, e tuttavia è considerato responsabile della salute del popolo. Da lui dipendono la prosperità e l’abbondanza, ma le sue colpe possono condurre la città alla rovina, e quando questo accade bisogna espellerlo. E’ appunto il caso di Edipo e della peste di Tebe. 

Se vi sembrano cose remote e astruse, rimpiazzate Sofocle con Stan Lee e pensate alle vicende di tanti supereroi. O pensate alla politica italiana, e alla parabola tragica di Matteo Renzi. C’è stato un momento in cui regnava su Tebe con il consenso del 40 per cento dei tebani. La sua ormai proverbiale hybris, rivelatore stereotipo-giornalistico dalle ascendenze sofoclee (“la dismisura genera i tiranni”, dice il coro nell’Edipo re), gli è costata un rovesciamento repentino: il 4 dicembre 2016 il re è diventato il reietto, la causa di tutte le sciagure della città, forse il politico più odiato della storia repubblicana, perfino più di Berlusconi (il nostro Edipo a Cologno). Ma Renzi ha trovato il modo di volgere la sfortuna a suo favore. Invece di fare l’Edipo a Rignano, e di aggirarsi ramingo sotto braccio ad Antigone Boschi per poi sparire docilmente in un boschetto sacro alle Eumenidi – come molti si auguravano che facesse e tuttora gli rinfacciano di non aver fatto, per via della sua promessa tradita di lasciare la politica – ha preferito approfittare dei privilegi inaspettati della sua nuova condizione. Pensateci: non deve preoccuparsi dell’odio degli elettori, dei partiti e dei media, perché non potrebbe attirarsene di più, e questo gli concede una libertà sovrana e inebriante. Quando sai che qualunque tua azione scatenerà un linciaggio, puoi compiere indifferentemente qualunque azione.

Da questa sua paradossale condizione tutti hanno un duplice vantaggio da trarre. Da un lato, Renzi può prendere iniziative che molti sanno essere necessarie, e che tuttavia non possono permettersi di assumere in prima persona per timore di perdere la faccia o il consenso (disarcionare Conte, trattare con Salvini sul ddl Zan, ecc.); dall’altro, non sono tenuti a riconoscergli alcun merito né a tributargli la minima gratitudine, e anzi hanno un capro espiatorio perennemente a disposizione contro cui inveire ove le cose dovessero mettersi per il verso sbagliato (“colui che sorride quando le cose vanno male ha trovato qualcuno a cui dare la colpa”, insegna la saggezza sacrificale della Legge di Murphy). L’equilibrio, a suo modo, è perfetto, e lo schema è sul punto di ripetersi con il voto sul ddl ZanMa attenzione, mentre scrivo è appena arrivato un colpo di scena: Chiara Ferragni ha convocato le Baccanti di Instagram incitandole a sbranare il nuovo Penteo. Sono 24 milioni di furie. Come andrà a finire? Noi spettatori del teatro di Dioniso siamo qui pronti con vino e popcorn. Evoè!

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