Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il Bi e il Ba

Compagni di miopia

Guido Vitiello

"Conte scalzato dal populismo delle élite", dice Bersani. Che, puntualmente, vede la cosa giusta nel posto sbagliato

Lo ammetto, sì: li ho visti anch’io i Conti Illimani, i reduci dell’esperimento socialista stroncato dal golpe dei poteri forti. Li trovi tutte le sere dalla Gruber a zufolare che, malgrado le apparenze, il nuovo governo copia tutto dal vecchio. L’altro giorno c’era Bersani, e a un certo punto ha suggerito, con l’aria di chi intona un motivetto nuovo, che Conte è stato scalzato dal “populismo delle élite”. E lo ha suggerito – ah, l’ironia! – a Massimo Franco.

 

Ora, il populismo delle élite è storia antica, si annuncia già nel 1945 quando Friggeri, presidente di Confindustria, accusa i politici di essere tutti “chiacchiere e fandonie”, e riesplode nel maggio 2007 con la famosa relazione di un altro presidente, Montezemolo. Pochi giorni prima era uscito “La casta”, e il Corriere guidava l’assalto. Ma a settembre, l’imprevisto: Grillo lancia il primo V-Day. Montezemolo gli manda a dire: “I problemi non si risolvono con un vaffa”. Si sa com’è andata. Il vaffa galoppa, sotto lo sprone dei media cairoti, e quando è a un passo dal trionfo Massimo Franco si fa in quattro per accreditare il giovane Di Maio. Il risultato, alla fine della fiera, è Giuseppe Conte: frutto purissimo del populismo delle élite. Bersani, insomma, vede la cosa giusta nel posto sbagliato. Gli era già capitato con la mucca, che avvistò nel corridoio proprio mentre, via streaming, la accoglieva in salotto.

 

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