Il premier incaricato Mario Draghi,  nato a Roma nel 1947 (Ansa)

Il Bi e il Ba

L'equilibrio Draghi, tra competenza e democrazia

Guido Vitiello

Il premier incaricato dovrà fare del suo meglio per non apparire come un algido commissario, dovrà addolcire la medicina con una dose di calore “populista” e un’altra di fierezza “sovranista”. E i partiti facciano la loro parte

La domanda decisiva l’ha posta ieri il politologo Lorenzo Castellani: riuscirà Draghi a mantenere una via intermedia tra principio di competenza e principio democratico? Ha anche dato metà della risposta: c’è il precedente di Monti da cui trarre lezione per non ripetere gli stessi errori. Usando all’occorrenza un po’ di onesta dissimulazione, Draghi dovrà fare del suo meglio per non apparire come un algido commissario, e dovrà addolcire la medicina tecnocratica con una dose di calore “populista” e un’altra di fierezza “sovranista”, così da non dar corda alla propaganda che vorrà presentarlo come un grigio eurocrate, un agente degli interessi delle banche o direttamente (visto il cognome) un rettiliano. Vaste programme; non impossibile, specie quando puoi spendere un po’ più di Monti; e soprattutto necessario, per evitare che alla risacca segua una nuova ondata populista.

 

Resta però il rovescio della domanda: i partiti e le forze parlamentari – il team del “principio democratico”, insomma – faranno la loro parte per rendere possibile il delicato bilanciamento? È qui l’inghippo, ahimè. Ed è un nodo che tornerà al pettine anche dopo Draghi, dunque relativamente presto. Che abbassino tutti la cresta, e sfruttino questo interludio per lavorare come formichine a ricreare un’offerta politica degna del nome. O il nostro pendolo oscillerà in eterno tra tecnocrati e demagoghi.

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