La statuina del presidente del Consiglio realizzata dall'artigiano di San Gregorio Armeno Genny Di Virgilio (foto ANSA/Ciro Fusco)

Il Bi e il Ba

Conte o morte

Guido Vitiello

Sembra il barone Lamberto raccontato da Rodari, tenuto in vita dalla ripetizione ossessiva del suo nome. Per fortuna quella era una fiaba

C’era due volte il barone Lamberto. E il Conte Giuseppe? Lui, Lazzaro incontentabile, vorrebbe esserci addirittura tre volte: Conte uno, Conte due, Conte tre. Già, ma come? L’espediente adottato fin qui non è poi così diverso da quello descritto nel romanzo di Gianni Rodari che in tanti abbiamo letto da ragazzi. Il barone Lamberto, afflitto da ben ventiquattro malanni e assistito dal fedele maggiordomo Anselmo, era tenuto in vita da sei persone, lautamente stipendiate, che scandivano il suo nome senza tregua: Lamberto, Lamberto, Lamberto – cinquecento lire per ogni Lamberto. Ma basta un giorno di interruzione del magico mantra, e il barone tira le cuoia. Sennonché al funerale, una cerimonia faraonica a cui partecipano più di centomila persone, accade il miracolo. Per via di tutti quei Lamberto, Lamberto, Lamberto bisbigliati dalla folla in lutto, ecco che dalla cassa si sentono dei colpi, il coperchio si apre e il barone salta su più arzillo che mai, gridando: “Tutto sbagliato! Tutto da rifare! Il funerale è rinviato a data da destinarsi, perché il morto non gioca più!”. Anche il Conte Giuseppe è tenuto in vita dalla ripetizione ossessiva del suo nome. Il fedele maggiordomo Rocco lo rianima quotidianamente a colpi di hashtag, e poi ci sono i sei recitatori del mantra: Travaglio, Scanzi, Zingaretti, Bettini, Orlando, Speranza… Tutti a salmodiare Conte, Conte, Conte, o Conte o morte, o Conte o barbarie, o Conte o fascismo, o Conte o voto. Ma c’è il caso che non basti a compiere il miracolo, e che una volta tanto la realtà si riveli più dorata delle favole.

 

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