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Il Bi e il Ba

Trump, re giullare con la sua corte

Guido Vitiello

Il presidente americano sta parodiando inconsapevolmente alcuni secoli di storia del teatro. Il problema non è determinare se ci sia del metodo in questa follia, ma constatare che c’è della follia in questo metodo

Lo scettro del sovrano e la marotte, il bastone giullaresco sormontato da una testa di buffone, sono così vicini che i tedeschi, nella loro lingua componibile come un gioco di costruzioni, la chiamano Narrenzepter, o scettro dei folli. La scambievolezza del re e del suo buffone è motivo antichissimo, ma circoscritto nel tempo (il carnevale) o nello spazio (la scena teatrale). Che cosa accade quando crollano questi argini, facendo del sovrano-buffone una sola figura bifronte?

 

È il grande tema politico-antropologico dei nostri tempi, dove tutto è palcoscenico ed è sempre carnevale; ed è anche il piccolo tema degli ultimi giorni, in cui Trump sta parodiando inconsapevolmente alcuni secoli di storia del teatro. Il dilemma è lo stesso che intrigava gli elisabettiani, quello tra la follia autentica e la follia simulata del sovrano, ma ha preso ormai una piega pirandelliana.

 

I repubblicani sono come i servitori in costume del nobiluomo convinto di essere l’imperatore Enrico IV di Franconia – e magari la mia fosse solo una battuta: “Qual è lo svantaggio di assecondarlo per un po’ di tempo? Nessuno pensa seriamente che i risultati cambieranno”, ha confidato sotto anonimato un anziano esponente del Gop. “Le azioni legali falliranno, lui farà qualche altro tweet sulle elezioni rubate e poi se ne andrà”.

 

Già, quale sarà mai lo svantaggio di svellere il terreno su cui poggiano le istituzioni democratiche per preservare l’ego ferito del sovrano? Dove si vede bene che il problema non è determinare se ci sia del metodo in questa follia, ma constatare che c’è della follia in questo metodo.

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