IL BI E IL BA

Salvini desnudo per i giudici: non paragonatelo al Cav.

Guido Vitiello

Una vecchia gag di Benigni, il vittimismo politico del leader leghista e la sua sostanziale differenza con Silvio Berlusconi

Tutti ricordano – e se dicono il contrario mentono – i manifesti di Marina Ripa Di Meana per la campagna del 1996 contro l’uso delle pelli di foca. Era tutta nuda, con la scritta: “L’unica pelliccia che non mi vergogno d’indossare”. Allo spazioso giardinetto pubico della diva televisiva, che posava senza sforzo e senza sforzo attirava l’attenzione di tutti, Roberto Benigni dedicò un pezzo memorabile in un suo spettacolo. “Una patonza di sei chili e ottanta”, diceva, roba che quando uno la vede pensa di avere incontrato solo minorate. Poi aggiungeva: “Ora lo fa pure suo marito, Carlo Ripa Di Meana, con una nerchia di quattro metri. C’è scritto: ‘Sparate pure a st’uccello’, contro i cacciatori”.

 

   

La vecchia gag di Benigni è una chiave per decifrare il diverso rapporto di Berlusconi e Salvini con la magistratura. Berlusconi faceva ben poco per attirarsi le premure giudiziarie, anzi tentava invano di placarle, ma la patonza di sei chili e ottanta del suo impero era un invito permanente ai cacciatori di frodo che avevano mal tollerato il suo ingresso in politica. Salvini, al contrario, ha fatto tutti i possibili sforzi erettili-esibizionistici per guadagnarsi l’attenzione delle procure – “Indagatemi”, diceva quando i migranti della Diciotti erano ancora a bordo – perseguendo la sua tattica rivoluzionista a tre fasi (provocazione, vittimismo, polarizzazione: o con me o contro di me – ergo contro il popolo). Fa sorridere dunque l’accostamento tra i parlamentari berlusconiani davanti al Palazzo di Giustizia di Milano nel 2013 e il raduno di salviniani a Catania. Verrebbe da dire: processate pure st’uccello.

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