Il voto ai sedicenni? Sì, con l'emendamento Woody Allen

Guido Vitiello

Valga il primo editto groucho-marxista del “Dittatore dello Stato libero di Bananas”: “Tutti i ragazzi sotto il sedicesimo anno di età a partire da ora avranno sedici anni”

Voto ai sedicenni? E sia, facciamo pure questa, ma almeno emendiamola con il primo editto groucho-marxista del “Dittatore dello Stato libero di Bananas” di Woody Allen: “Tutti i ragazzi sotto il sedicesimo anno di età a partire da ora avranno sedici anni”. A naso, mi fido più del voto di un seienne, il voto prepuberale da periodo di latenza, che potrebbe somigliare al saggio voto canuto-climaterico, con in più una propensione per i simboli colorati e gli animaletti. Non è un caso che l’idea sia venuta a Enrico Letta, uno che palesemente non ha mai avuto sedici anni. Ha scritto Lorenzo Castellani che la proposta rischia di rivoltarsi contro il Pd, e ha aggiunto sarcasticamente che avrebbero dovuto specificarla così: “Voto concesso solo ai sedicenni dei licei del centro delle grandi città”. Ma ho le mie riserve anche su questo emendamento. Sono stato uno di loro, nel fatale 1992, e la situazione era questa: due folte ali militanti, una all’estrema destra (prevalente: si era ai Parioli), l’altra all’estrema sinistra; uno sparuto club di giovani-vecchi enricolettici da pentapartito, che sentiva la pressione dei genitori più che quella dei pari; un corpaccione pre-politico o ipo-politico che al limite si indignava guardando Samarcanda e che si sarebbe diviso tra l’astensione e qualunque voto ma non la Dc, l’immortale partito di governo, ossia ciò che oggi, agli occhi dei giovanissimi, è il Pd (per la rosa il giardiniere è eterno). Risultato? Fosse stato per noi sedicenni, Craxi non sarebbe stato preso a monetine ma direttamente ghigliottinato, per poi farne un idolo da “Signore delle mosche”.

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